Michael Burry è short su Tesla

Michael Burry è short su Tesla

Michael Burry è short su Tesla

L’investitore è noto soprattutto grazie al film ‘La grande scommessa’

Michael Burry è short su Tesla

Nella giornata di ieri il noto investitore Michael Burry ha rivelato di avere una posizione corta del valore di oltre mezzo miliardo contro Tesla.

Burry è noto, grazie al film ‘La grande scommessa’, perché fu uno dei primi investitori a trarre profitto dalla crisi dei mutui subprime. Ha raggiunto la fama presso il grande pubblico scommettendo contro i titoli ipotecari prima dello scoppio della crisi del 2008.

L’investitore adesso è lungo put contro 800.100 azioni di Tesla, secondo quanto si legge nel deposito presso la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti. Per spirito di chiarezza, un investitore trae profitto dalle put quando i prezzi dei titoli sottostanti scendono.

Tesla calerà a picco?

Le azioni di Tesla sono scese di oltre il 4% lunedì, portando le perdite da inizio mese a quasi il 20%.

Il 2021 non è iniziato nel migliore dei modi per l’azienda di Elon Musk, con le vendite in calo in Cina e uno shortage di materiali che ha rallentato la produzione.

Secondo Burry il motivo per cui converrebbe andare short su Tesla sta nella sua eccessiva dipendenza dai crediti normativi per generare profitti. In un tweet, poi cancellato, l’investitore considera questo dato una ‘red flag’.

Ma cosa sono i crediti normativi?

Nel tentativo di ridurre le emissioni di carbonio, i governi hanno introdotto incentivi allo sviluppo di veicoli elettrici.

Poiché Tesla vende solo auto elettriche, riceve molti di questi crediti e può venderli con un enorme profitto ad altre case automobilistiche che non riescono a soddisfare i requisiti normativi.

Tuttavia, siccome sempre più case automobilistiche producono veicoli elettrici a batteria, saranno sempre di meno le aziende che dovranno acquistare crediti da Tesla.

Solo nel primo trimestre del 2021 Tesla ha registrato 518 milioni di dollari per la vendita di crediti normativi.

Li ha venduti ad altre case automobilistiche, in particolare a FCA (ora Stellantis) quando aveva bisogno di crediti per compensare la propria impronta di carbonio.

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Pietro Di Lorenzo