Affari e finanza: è caccia al talento
Affari e finanza: è caccia al talento
La sfida delle fintech alle banche
Affari e finanza: è caccia al talento
Si è parlato molto nell’ultimo periodo del fenomeno noto come “Great Resignation”, ovvero della tendenza, tra i più giovani, a lasciare il proprio posto di lavoro alla ricerca di settori che garantiscano un migliore equilibrio di vita.
Una tendenza questa che a portato quasi ad una “guerra” nel settore finanziario.
Per Wired stiamo assistendo a quella che oltroceano verrebbe definita come war on talent, la corsa al talento.
A sfidarsi sul campo i settori più tradizionali della finanza e le fintech, molte delle quali ad oggi sono realtà da miliardi di dollari ben posizionate sul mercato.
Per decenni le big della finanza non avevano difficoltà ad attrarre giovani talenti nonostante gli orari massacranti e lo stress considerevole a cui venivano sottoposti.
Adesso, hanno dovuto mettere mano al portafogli, un dato che emerge con chiarezza nei bilanci.
Dalle trimestrali di JP Morgan è emerso un aumento sostanziale dei costi operativi che Jamie Dimon, ad e presidente attribuisce proprio agli stipendi pagati per le nuove assunzioni, in particolare nella fascia al di sotto dei 24 anni.
La banca ha aumentato gli stipendi a gennaio per la seconda volta in un solo semestre. Chi viene assunto come analista guadagnerà la bellezza di 110mila dollari all’ingresso, che saliranno a 125mila il secondo anno e a 135mila al terzo. Un trend che secondo Bloomberg sarà rirpodotto in tutte le filiali internaziobali JP Morgan.
Ecco come Dimon ha giustificato la scelta: “C’è molta competizione. E abbiamo intenzione di vincere. A volte questo significa che devi spendere un po’. Vogliamo essere molto, molto competitivi sulle retribuzioni. E se questo comprime leggermente i margini degli azionisti, che sia”.
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