Transizione green: a rischio stabilità paesi che non hanno diversificato

Transizione green: a rischio stabilità paesi

Transizione green: a rischio stabilità paesi che non hanno diversificato

Il picco del petrolio sarà raggiunto nel 2030

Transizione green: a rischio stabilità paesi che non hanno diversificato

Una società di consulenza sul rischio, la Verisk Maplecroft, ha pubblicato, giovedì, un rapporto (‘Political Risk Outlook’) avvertendo che i paesi che non sono riusciti a diversificare le proprie economie allontanandosi dall’esportazione di combustibili fossili saranno tra i primi paesi a sperimentare instabilità politica. Bollino rosso in particolare per Algeria, Ciad, Iraq e Nigeria.

I produttori del Golfo, come gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar, hanno istituzioni economiche più forti e risorse che consentono una più facile diversificazione e sono meno suscettibili agli sconvolgimenti politici. Anche se probabilmente nessuno ne uscirà indenne.

Quando si parla di stabilità politica in paesi autoritari, bisogna tenere conto della fragilità di questi sistemi politici. Prezzi del petrolio bassi riducono la spesa sociale; questo aumenterà a sua volta la pressione politica in questi Paesi.

Il cambio di marcia è più vicino di quanto ci si aspetti

Sebbene alcuni paesi stiano aumentando gli investimenti a breve termine in combustibili fossili, le stime indicano che il picco del petrolio sarà raggiunto nel 2030, dopodiché la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio costringerà i paesi produttori di petrolio ad adattare i loro flussi di reddito. In altre parole, i paesi produttori di petrolio dovranno diversificare o affrontare aggiustamenti economici forzati.

Come si legge nel rapporto, “attualmente, se i break-even esterni dei paesi –  e quindi il prezzo del petrolio che devono pagare per le loro importazioni – rimangono al di sopra di ciò che i mercati possono offrire, hanno scelte limitate: ridurre le riserve di valuta estera come ha fatto l’Arabia Saudita dal 2014, o svalutare la loro valuta come hanno fatto Nigeria o Iraq nel 2020, riequilibrando efficacemente le loro importazioni ed esportazioni a scapito del tenore di vita”.

La Nigeria, la più grande economia dell’Africa, fa affidamento sulle vendite di greggio per circa il 90% dei guadagni in valuta estera e ha svalutato la valuta naira due volte dal marzo dello scorso anno. Il mese scorso il FMI ha esortato la banca centrale del Paese a svalutare ancora una volta, ma ha incontrato resistenza.

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Pietro Di Lorenzo