Il più completo corso sul Web che illustra tutto quanto c’è da sapere sugli ETF e le migliori strategie operative per tradare questi strumenti

Gli Exchange-Traded Funds, più spesso conosciuti con il loro acronimo ETF, sono una particolare categoria di fondi d’investimento mobiliari aperti a gestione passiva, che mirano a replicare un determinato indice di mercato: sia esso azionario, obbligazionario, geografico o settoriale. Gli Etf sono nati una decina di anni fa negli Stati Uniti e si sono poi diffusi in Canada e nel continente asiatico per raggiungere nel 2000 l’Europa. Attualmente a livello mondiale, se ne contano circa 300 e il loro numero è destinato ad aumentare. Nonostante la crescita notevole, l’Europa è ancora molto lontana da quella registrata finora sul mercato statunitense

Gli ETF hanno fatto il loro ingresso sul mercato italiano nel 2002, e dopo una partenza piuttosto lenta stanno registrando uno sviluppo molto rapido. L’esperienza italiana ha dimostrato, come alcuni strumenti e/o prodotti finanziari, hanno avuto un enorme successo, ma solo dopo che gli stessi avevano già raggiunto un’ampia popolarità in altri paesi: i fondi d’ investimento ne sono stati un esempio. La crescente informazione sulle caratteristiche dello strumento e dei relativi benefici che l’investitore può trarne dal suo utilizzo, farà senz’altra proseguire la crescita a ritmi sempre più incessanti

Gli ETF sono sostanzialmente dei fondi di investimento le cui azioni possono essere direttamente acquistate e vendute sul mercato azionario, avendo caratteristiche e proprietà molto simili alle azioni. Come qualsiasi azione, infatti, è possibile in ogni momento della seduta di borsa, comprare o vendere ETF al prezzo corrente di mercato. Le azioni che li costituiscono hanno la stessa distribuzione e lo stesso peso di quelle dell’indice di riferimento, di conseguenza l’investitore può conoscere la precisa composizione del portafoglio acquisto e del suo esatto valore in qualsiasi momento della giornata, grazie alla loro quotazione in tempo reale.

A differenza di un fondo comune di investimento, l’ETF è in grado di offrire un alto livello di trasparenza e di flessibilità, in quanto permette di monitorare costantemente l’andamento del proprio investimento. Al contrario, la valorizzazione delle quote di un fondo comune avviene soltanto a fine seduta e, spesso, la sua comunicazione agli organi di stampa e, quindi, agli investitori privati, avviene solo dopo due giorni lavorativi. La possibilità di poter operare in modo diretto sul mercato permette, inoltre, di ridurre al minimo i tempi morti intercorrenti tra la decisione di investimento e l’effettiva realizzazione della stessa, evitando così di perdere interessanti opportunità di profitto, per mancanza di timing.

Come i normali fondi comuni di investimento, gli ETF consentono, con un’ unica transazione, di detenere un portafoglio molto ben diversificato. Lo stesso risultato sarebbe, invece, molto più difficile da perseguire da un normale investitore privato che investisse direttamente in titoli azionari, sia a causa dei costi di transazione, sia per il tempo che sarebbe necessario dedicare ad un investimento di questo tipo. La peculiarità degli Exchange Traded Fund consiste, quindi, nel racchiudere, in un unico strumento finanziario, la trasparenza e la flessibilità di un titolo azionario, unite all’elevata diversificazione ottenibile attraverso un investimento in un fondo comune

Ulteriore peculiarità degli ETF è l’indicizzazione ovvero l’obiettivo di replicare nel modo più accurato possibile un indice di mercato e non di offrire un rendimento superiore rispetto al benchmark di riferimento. Si raggiunge questo obiettivo semplicemente detenendo le stesse azioni che fanno parte dell’indice di riferimento. Per fare un esempio, acquistando un ETF sull’indice S&P/Mib 40 è come se si detenesse implicitamente un portafoglio costituito da tutti i 40 titoli più importanti quotati in Italia.

L’assenza del gestore nella scelta dei titoli che compongono il paniere di riferimento, rende questi strumenti particolarmente convenienti dal lato dei costi; infatti essi non prevedono commissioni d’ingresso, d’uscita o di overperformance, ma hanno delle commissioni annue di gestione molto contenute, che variano dallo 0,10 allo 0,99 per cento a cui vanno aggiunti i costi di negoziazione applicati da ogni singolo intermediario. A fronte dei titoli azionari detenuti in portafoglio, gli ETF possono distribuire agli investitori i dividendi relativi, nonché i proventi che derivano dal loro investimento e quelli riguardanti il prestito di titoli rappresentativi dell’indice di riferimento. A questi, si devono aggiungere anche gli interessi che gli ETF a reddito fisso corrispondono periodicamente ai loro detentori a fronte degli investimenti in obbligazioni.

Gli exchange traded funds possono trovare impiego all’interno delle gestioni di fondi e di singoli patrimoni, oltre che in strategie di asset allocation e di bilanciamento di portafogli, rivelandosi così un ottimo strumento di diversificazione degli investimenti, permettendo al tempo stesso di ridurre il rischio relativo. L’investitore può acquistarli per fare del trading sfruttando così il movimento dello stesso indice durante quelle sedute particolarmente volatili, oppure in operazioni d’arbitraggio. Inoltre, se abilitato dal proprio intermediario, l’investitore può anche venderli allo scoperto, prendendo in tal modo una posizione ribassista sul mercato – anche per più giorni consecutivi – lucrando così su una possibile discesa delle quotazioni.

Gli ETF aprono un nuovo mondo di opportunità di investimento che fino a solo pochi anni fa erano precluse agli investitori individuali. Consentono all’investitore privato di raggiungere una maggiore indipendenza ed una maggiore consapevolezza nelle proprie scelte di investimento. Questo perché sono prodotti molto semplici, sia nel loro funzionamento sia nel loro utilizzo e, quindi, facilmente gestibili in modo autonomo da qualsiasi investitore che abbia a cuore la gestione dei propri risparmi. Da un punto di vista pratico acquistare un ETF è assolutamente identico ad acquistare un titolo azionario. Quello che cambia è ciò che si trova dentro un ETF.

Non è necessario che un investitore conosca nei minimi particolari come sia effettivamente realizzato un ETF, ma una conoscenza di base del meccanismo sottostante può aiutare a comprendere meglio quali siano i vantaggi, in termini di costi, flessibilità ed efficienza. Dal punto di vista di un investitore, un ETF è un’azione come un’altra, che assicura però, invece della partecipazione al capitale di rischio di una sola società quotata, il possesso di un portafoglio di titoli, rappresentativo di un indice di mercato.

Un ETF nasce con l’acquisto delle azioni direttamente sul mercato, nella stessa proporzione in cui queste rientrano nell’indice di mercato che si vuole replicare. Quindi, se ad esempio il peso di Eni nello S&P/Mib fosse del 10%, allora il portafoglio sottostante l’ETF sarebbe costituito, per il 10% del suo valore, da azioni Eni. Una volta creato tale portafoglio, viene quindi collocato presso una banca depositaria, che rilascia delle ricevute di deposito o dei certificati rappresentativi dei titoli effettivamente depositati. Tali ricevute o certificati possono poi essere scambiati sul mercato, come avviene per qualsiasi titolo azionario. La funzione principale della banca depositaria è garantire l’effettiva esistenza del paniere di titoli. Visto che tale portafoglio risulta essere assolutamente speculare a quello di un indice azionario, ne deriva come sia possibile che l’andamento del prezzo di mercato degli ETF segua in modo quasi perfetto quello dell’indice sottostante. In realtà, perché questa fondamentale proprietà sia garantita, è necessario aggiungere un ulteriore particolare al meccanismo di funzionamento di un ETF.

E’ necessario distinguere tra prezzo di mercato e Net Asset Value (NAV). Il prezzo di mercato viene ovviamente determinato dalle forze della domanda e dell’offerta, mentre il NAV rappresenta il valore del portafoglio sottostante che è, quindi, oggettivamente determinato dal valore dell’indice di mercato. In effetti, non c’è nulla che, di per sé, assicuri la convergenza tra il prezzo di mercato degli ETF, che è poi il prezzo al quale l’investitore può comprare o vendere azioni, ed il NAV, che è l’effettivo valore del patrimonio investito, anche se il ruolo del market maker assicura la convergenza tra i due valori. Se il prezzo di un ETF fosse libero di fluttuare indipendentemente dal suo NAV, ci sarebbe il rischio di dover vendere le proprie azioni ad un prezzo che non rispecchi il loro effettivo valore. La convergenza tra prezzo di mercato dell’ETF ed il suo NAV è assicurata dal fatto che gli ETF sono fondi di tipo aperto e non di tipo chiuso. Infatti, non solamente è possibile in ogni momento acquistare o vendere sul mercato azioni di un ETF, ma è anche possibile ogni giorno creare nuove azioni o redimere quelle esistenti in cambio dei titoli sottostanti. In sostanza, il numero di azioni non è determinato a priori, ma varia nel tempo

Ciò permette agli investitori istituzionali autorizzati, definiti Authorised Participant (AP) di operare come arbitraggisti, approfittando di eventuali disallineamenti di prezzo rispetto al valore effettivo dei titoli sottostanti. Nel caso in cui il prezzo di mercato fosse inferiore al NAV, un arbitraggista potrebbe comprare azioni dell’ETF, cederle presso la banca depositaria in cambio dei titoli sottostanti e rivendere tali azioni sul mercato in modo da lucrare la differenza di prezzo. Allo stesso modo, se il prezzo fosse superiore a quello del NAV sarebbe possibile ottenere un guadagno certo, comprando i titoli che costituiscono il portafoglio sottostante, collocandoli sempre presso la banca depositaria in cambio di azioni dell’ETF (aumentandone il numero) ed, infine, rivendendo tali azioni sul mercato. Chiaramente, il prezzo dell’ETF tenderà, nel primo caso, ad aumentare, riallineandosi così verso il NAV, finché non sarà più profittevole comprare ETF e vendere titoli. Nel secondo caso, invece, il prezzo dell’ETF tenderà a diminuire convergendo ancora una volta verso il NAV. Tale meccanismo di arbitraggio fa sì che, nella sostanza, l’ETF sia praticamente equivalente all’indice sottostante.

Questo meccanismo, che viene definito in kind creation-redemption, richiede che venga pagata una commissione fissa (solitamente nell’ordine di alcune migliaia di euro) e prevede un blocco minimo, detto appunto creation unit, solitamente posto pari a 25000, 50000 o 100000 azioni dell’ETF. Ne deriva che un importante vantaggio degli ETF è quello di porre letteralmente a lato i costi di transazione in cui incorrono i normali fondi comuni nel gestire il flusso netto di nuove sottoscrizioni e riscatti. Quando la dinamica delle nuove sottoscrizioni e riscatti genera un flusso di cassa negativo, per poter rispettare gli obblighi contratti verso i propri clienti, il gestore del fondo si vedrà costretto a vendere sul mercato parte dei titoli posseduti, in modo da generare la liquidità necessaria per far fronte alle richieste di riscatto. È evidente che l’andamento delle sottoscrizioni e dei riscatti possano generare dei costi di transazione non esplicitamente voluti e possa, inoltre, penalizzare il rendimento complessivo del fondo, in quanto il gestore può vedersi costretto a smobilizzare anzitempo posizioni in perdita. Tali penalizzazioni non colpiscono soltanto per investitori che decidono di effettuare il disinvestimento, ma sono a carico del fondo nel suo complesso e, quindi, di tutti gli investitori.

Chi ha un’ottica di lungo termine è penalizzato dall’irrazionalità di breve periodo di coloro che entrano ed escono dal fondo nei momenti sbagliati. Il particolare funzionamento degli ETF permette di eliminare queste problematiche, poichè, al contrario dei fondi comuni, il patrimonio sotto gestione, negli ETF, si modifica nel seguente modo:

1. la domanda di un ETF viene anticipata da un Authorised Participant;
2. tali società finanziarie acquistano sul mercato un portafoglio di titoli rappresentativo dell’indice sottostante;
3. vengono create nuove azioni dell’ETF in cambio dei titoli trasferiti al fondo;
4. tali azioni possono, quindi, essere liberamente acquistate o vendute sul mercato dagli investitori;
5. eventualmente la domanda per questo ETF può ridursi;
6. allora le sue azioni sono riacquistate sul mercato;
7. le azioni dell’ETF in questione vengono eliminate in modo da rendere possibile riappropriarsi della parte del portafoglio complessivo che esse rappresentano.

Questo meccanismo fa sì che a dinamica della domanda privata o istituzionale si scarica semplicemente sul numero di azioni dell’ETF disponibili sul mercato, senza comportare la necessità continua di vendere o acquistare le azioni dei titoli sottostanti ed evitando, così, di incorrere in ulteriori costi di transazione.

La quasi la totalità, dei fondi comuni d’ investimento italiani si caratterizza per uno stile di gestione attivo che sì contrappone a quello passivo di un ETF. Mentre un ETF si limita a replicare l’andamento dell’indice di mercato sottostante, un fondo attivo cerca di offrire ai propri sottoscrittori un rendimento aggiuntivo con la conseguenza immediata di una differenza di prezzo tra i due prodotti a causa delle maggiori spese di ricerca e di analisi nel tentativo di selezionare i titoli più promettenti del listino. La maggiore onerosità dei fondi a gestione attiva può, quindi, essere giustificata soltanto a condizione che i loro gestori dimostrino di essere in grado di battere il mercato in modo sistematico e non occasionale. Gli ETF offrono, rispetto ad un fondo, un maggior livello di trasparenza ed un più elevato grado di efficienza, in termini di costi di gestione, offrendo però all’investitore lo stesso livello di diversificazione. Di conseguenza, i fondi hanno senso di esistere solo se sono in grado di offrire qualcosa in più rispetto al mercato

Battere il mercato non vuol dire semplicemente offrire un rendimento superiore alla performance realizzata, nello stesso periodo, dal benchmark di riferimento. La valutazione di una gestione attiva richiede l’utilizzo di modelli ed indicatori appositi e non può in nessun modo ricondursi al semplicistico confronto tra il rendimento del fondo e del benchmark. In particolare la Capital Asset Pricing Modei (CAPM) riesce a separare il rendimento di un qualsiasi portafoglio, in due componenti distinte, una legata all’andamento del mercato ed una indipendente da essa. Per giudicare la qualità di un gestore attivo è necessario chiedersi se esso possieda o meno delle doti di:

1. stock selection (la scelta dei titoli migliori);
2.market timing (essere nel mercato solo quando va bene);
3. asset allocation tattica (saper scegliere i settori ed i paesi migliori).

Nella realtà dei fatti, la percentuale di fondi che non mantengono “le promesse” fatte ai propri investitori, risulta essere, fatta eccezione per due anni, il 1993 ed il 2000, sempre ampiamente superiore al 50%, con punte anche dell’ 80% e tale percentuale aumenti al crescere del periodo di valutazione: in un orizzonte temporale di 3 anni solo il 45% dei fondi rimane dietro l’indice di mercato, ma su 10 anni la percentuale sale al 65%. Questo evidenzia come nel lungo periodo i casi fortunati e sfortunati tendano a compensarsi ed emergano i veri valori.

Battere il mercato in un anno è possibile e, prima o poi, per la legge dei grandi numeri, succede; ma farlo per 10 anni di fila diventa un po’ più complicato o, comunque, meno probabile se non si è molto bravi. In definitiva un investitore deve sapere che i fondi attivi, in media, offrono un rendimento inferiore a quello del mercato. Questo non vuol dire che non è possibile battere il mercato o che non esistano fondi in grado di farlo, ma che investendo in modo casuale in un fondo attivo è più facile che si ottenga una perdita piuttosto che un guadagno (rispetto al benchmark)

Se si vuole effettuare un investimento, in un fondo è necessario effettuare un’ accurata Found Selection ovvero essere molto bravi ad individuare quali siano i fondi migliori. Un gestore che non fosse più bravo della media dei partecipanti al mercato, nell’effettuare previsioni, non dovrebbe essere un gestore attivo. Ma la legge valida per un gestore attivo, si applica anche ad un investitore privato: se un investitore non è più bravo della media ad effettuare previsioni sul rendimento attivo di un gestore, non dovrebbe fare un investimento di questo tipo. Scegliere un fondo è come scegliere un titolo. Per capire se un gestore è in grado di aggiungere valore all’ investimento è necessario considerare non solo il rendimento attivo, ma anche il rischio attivo, ossia il rischio ulteriore a cui ci si espone discostandosi dal benchmark, nel tentativo di ottenere un rendimento aggiuntivo. L’indicatore che permette di sintetizzare, in un’unica misura, sia il rendimento sia il rischio attivo è l’information ratio che rappresenta l’ammontare di rendimento attivo aggiunto alla gestione per unità di rischio attivo. L’idea sottostante tale indicatore è praticamente identico a quella del più famoso Sharpe Ratio con la differenza che, mentre quest’ultimo prende in considerazione il rendimento ed il rischio complessivo del portafoglio (viene definito infatti un indicatore total risk-total return), 1′ information ratio va ad analizzare solo la parte attiva della gestione, ossia quella componente attribuibile all’attività del gestore, che è poi quella per cui gli investitori pagano le commissioni di gestione.

In definitiva una volta che l’ investitore effettua una scelta di asset allocation, ossia decidere la categoria di titoli in cui investire, deve chiedersi se sia capace di individuare i fondi che offriranno un rendimento attivo positivo. Qualora la risposta fosse negativa, l’unica alternativa possibile e razionale sarebbe quella di investire in un fondo indicizzato o in un ETF, se invece fosse affermativa, allora si potrà orientare su un fondo a gestione attiva, scegliendo quello con il più elevato information ratio o, comunque, ottimizzando tra il rendimento attivo ed il rischio attivo attesi. Il difficile è stimare il rendimento attivo ed il rischio attivo attesi che sono alla base del calcolo dell’information rati. Per questo motivo scegliere un fondo attivo non è un’attività semplice e richiede un grosso investimento in formazione e tempo. Le difficoltà maggiori sono:

1. sono richieste conoscenze e capacità statistico-econometriche non facilmente possedibili da un investitore medio
2. non esiste un modello condiviso da tutti nella valutazione dei fondi comuni d’ investimento;
3. la mancanza di dati, si pensi ad un fondo recentemente collocato o con poca storia alle spalle, rende impossibile qualsiasi forma di analisi statisticamente affidabile
4. nulla garantisce che il passato si ripeta anche in futuro.

In definitiva viene da chiedersi se valga la pena di spendere gran parte del proprio tempo e delle proprie risorse nella valutazione e nella scelta di un fondo attivo, o se a questo punto, non sia meglio impiegare le stesse risorse direttamente nella scelta dei titoli, tagliando così dal proprio investimento i costi di gestione ed assumendosi consapevolmente la responsabilità delle proprie scelte.

Investire in un fondo comune significa sostenere dei costi, più o meno visibili e più o meno percepibili. I costi, diretti e indiretti, che un investitore si troverà a dover pagare sono riassumibili nei seguenti:

1. commissioni di entrata e di uscita;
2. commissioni di gestione;
3. commissioni di performance;
4. spese amministrative e di custodia titoli;
5. costi di transazione;
6. market impact;
7. cash drag

Le commissioni di entrata sono i costi da pagare al momento stesso in cui si decide di effettuare l’investimento e che vanno in parte a remunerare l’intermediario che colloca presso il pubblico le quote del fondo. Su un investimento di 5000€ (ipotizzando una commissione di entrata dell’1%) soltanto 4950 sono realmente investiti nel fondo quindi il costo che sopporta l’investitore è duplice in quanto, oltre al pagamento immediato, si perde il rendimento maturato su parte del capitale investito. Alcuni fondi prevedono una commissione di uscita che va quindi a decurtare in modo sensibile l’eventuale guadagno ottenuto e che tende a diminuire al crescere della durata dell’investimento (a scalare). Le commissioni di entrata e di uscita svolgono anche la funzione di scoraggiare gli investitori dall’entrare ed uscire continuamente dal fondo in quanto la gestione del flusso della raccolta netta (la differenza tra nuove sottoscrizioni e riscatti) è uno degli aspetti più problematici per un fondo d’ investimento

Su alcuni FCI gli investitori pagano anche una commissione di gestione, anch’essa compresa tra lo 0.5% ed il 2%. Quest’ultime remunerano il gestore e il suo team di analisti e in generale tutte le spese di ricerca sostenute per la selezione dei titoli in portafoglio.Di conseguenza, il costo di un fondo attivo è decisamente più elevato rispetto a quello di un fondo indicizzato, in quanto tentare di battere il mercato richiede necessariamente un investimento di risorse superiore rispetto ad una strategia d’ investimento che si limiti a replicarlo.

Vi sono poi le commissioni di performance, che la società di gestione percepisce, quando il rendimento del fondo è superiore a quello dell’indice di riferimento. Solo una parte dell’eventuale sovra-performance finisce nelle tasche dell’investitore, in quanto parte di questa viene retrocessa alla società di gestione, a titolo di incentivo per il gestore. Tali commissioni sono tanto più penalizzanti quanto più sono pagate frequentemente. Inoltre, sarebbe opportuno che il parametro di riferimento sul quale calcolare tali commissioni fosse coerente al tipo di asset class in cui investe effettivamente il fondo.

Ci sono poi altri costi che solitamente non vengono percepiti dagli investitori, in quanto non pagati direttamente (essendo a carico del fondo), ma che vanno comunque ad intaccare il rendimento da loro percepito. Citiamo le principali: le spese amministrative e di custodia titoli da versare alla banca depositaria e i costi di transazione in cui il fondo incorre ogni qualvolta effettua ordini di acquisto e di vendita titoli. Ricordiamo che un fondo a gestione attiva, dovrà costantemente aggiustare la composizione del proprio portafoglio in modo che sia sempre adeguato all’evoluzione del contesto di mercato, operando frequentemente. Al contrario, un fondo passivo o un ETF sarà costretto a ribilanciare il portafoglio solo nei casi in cui la società che gestisce l’indice di mercato effettui dei cambiamenti nella sua composizione. Di conseguenza, un fondo attivo incorrerà in maggiori costi di transazione rispetto ad un fondo a gestione passiva, che di prassi detiene un portafoglio statico che necessita di essere aggiustato solo in caso di cambiamenti nel paniere di titoli che compongono l’indice.

I fondi comuni d’ investimento, che siano attivi o passivi, anche se non apportano nessuna modifica al portafoglio detenuto, incorrono in costi di transazione per far fronte al flusso in entrata o in uscita della raccolta netta. Quando le nuove sottoscrizioni sono superiori ai riscatti (raccolta netta positiva) sono costretti a comprare nuovi titoli, mentre in caso di riscatti superiori alle nuove sottoscrizioni (raccolta netta negativa) saranno costretti a vendere parte dei titoli già posseduti, generando, in entrambi i casi, ulteriori costi di transazione.

Ma esistono costi ancora più difficili da percepire, benché altrettanto rilevanti: sono “nascosti” e derivano dal fenomeno dell’impatto di mercato (market impact), intendiamo l’effetto che elevati ordini in acquisto e in vendita hanno sul prezzo di un titolo. Operazioni che impattano sul book di mercato modificando il prezzo in modo avverso per il fondo che effettua l’ordine, ossia spingendolo in alto se l’ordine è di acquisto e, viceversa, facendolo diminuire in caso di vendita. Tale effetto tenderà ad essere tanto più sensibile quanto maggiore sarà il patrimonio gestito dal fondo e sarà particolarmente marcato per i fondi che investono in titoli poco liquidi, come small cap o azioni di paesi emergenti, che si caratterizzano per una bassa profondità del book.

Infine, un ulteriore costo può essere considerato il cash drag (letteralmente drenaggio di denaro), con cui si intende quella parte del premio al rischio che viene perduta, perché una porzione del portafoglio resta costantemente investita in liquidità. I riscatti degli investitori tendono, infatti, a concentrarsi nelle fasi di declino dei mercati. Ciò genera una raccolta netta negativa che costringe i gestori a smobilizzare le proprie posizioni proprio quando i corsi azionari sono depressi, mentre al contrario essi dovrebbero comprare basso per vendere alto. Per evitare questo effetto i fondi tendono a detenere una porzione più o meno fissa del proprio patrimonio in liquidità, eventualmente utilizzabile per far fronte ad un’elevata richiesta di rimborsi. Ovviamente, visto che un investimento monetario offre rendimenti inferiori ad uno azionario, nel lungo periodo, il cash drag inevitabilmente tenderà a decurtare parte della performance

Le gestioni attive presentano anche problemi legati alla trasparenza in quanto il gestore, nel tentativo di battere il mercato, può modificare anche in modo sostanziale l’asset allocation definita a monte. Si tratta di un aspetto che difficilmente un normale investitore prende in considerazione, ma che può essere molto rilevante in quanto ben il 90% della performance di un investimento dipende proprio dalla scelta di asset allocation. La classificazione dei fondi comuni di Assogestioni si articola in cinque macro categorie:

• Azionari: investono almeno il 70% del proprio portafoglio in azioni
• Bilanciati: investono in azioni per importi che vanno dal 10% al 90% del portafoglio
• Obbligazionari: non possono investire in azioni (con l’eccezione dei fondi obbligazionari misti che possono investire da 0% al 20% del portafoglio in azioni);
• Liquidità: non possono investire in azioni;
• Flessibili non hanno vincoli di asset allocation azionaria (0%-100%)

Ipotizziamo che un investitore decida di effettuare un investimento composto per il 30% da titoli a reddito fisso e per il 70% da un fondo azionario. Se il fondo in cui si è investito detenesse solo il 70% del proprio patrimonio in titoli azionari, l’investitore non si ritroverebbe più con un investimento 30% in obbligazioni e 70% o in azioni, bensì con un 30% o in obbligazioni, solo il 49% in azioni ed il 21% in liquidità. Inoltre, l’esposizione al mercato di un fondo comune non dipende soltanto dalla percentuale effettivamente investita, ma anche dal tipo di titoli in portafoglio

Se il gestore decide di sovrapesare i titoli difensivi, senza aggiustare l’esposizione al mercato mediante l’utilizzo di contratti futures il portafoglio gestito può caratterizzarsi anche per un’esposizione inferiore al 70%. A prescindere dalle scelte più o meno corrette del gestore , è pur sempre un problema di trasparenza, in quanto, di fatto, un investitore non conosce con esattezza in che modo saranno gestiti i capitali da esso conferiti nel fondo. Lo stesso dicasi per il così detto “stile gestionale” impiegato dal gestore. Si fa riferimento, in questo caso, agli ulteriori fattori di rischio che contribuiscono a determinare il profilo di rischio-rendimento dell’investimento e che possono essere impiegati in modo più o meno consapevole dal gestore stesso. La style analysis è la metodologia che permette di individuare questi “sbilanciamenti” verso alcuni fattori di rischio presenti nello stile di un gestore Di conseguenza, un investitore che decidesse di allocare il proprio capitale per il 75% in titoli large cap e per il 25% in small cap si potrebbe ritrovare con un’asset allocation anche significativamente diversa da quella preventivata.

  • ETF
    FONDI
    Orari di negoziazione
    Negoziabili durante tutta la seduta borsistica (9.10-17.25 per il mercato italiano), nella quale l’investitore può acquistarli o venderli in base alle sue aspettative, beneficiando così dell’evoluzione dell’indice in tempo reale.
    Le transazioni avvengono solo a mercati chiusi: quindi i contratti verranno perfezionati al valore di chiusura della seduta stessa.
    Intraday trading
    Sono scambiati durante tutta la giornata, il prezzo si forma e si aggiusta continuamente, si possono utilizzare varie tipologie di ordini. Essendo prodotti liquidi (spessore bid/ask) relativo al prezzo di esecuzione dell’ordine rispetto al momento in cui si prende la decisione è limitato.
    Gli investitori possono comprare e vendere un fondo solo al valore contabile (il NAV o Net Asset Value che è calcolato alla fine della giornata. Ordini dopo un determinato orario vengono eseguiti il giorno successivo. Non sempre la valorizzazione è contestuale all’acquisto (2 giorni di ritardo)
    Margini e Leva
    Gli ETF come le azioni possono essere (almeno teoricamente) acquistati a margine.
    Solo raramente si possono acquistare i fondi a margine e, in alcuni casi, è vietato.
    Short
    Possono essere venduti allo scoperto, è necessario solo trovare chi li rende disponibili.
    I fondi di investimento non possono essere venduti allo scoperto.
    Commissioni di gestione
    Esiste una commissione di gestione che comprende la management fee e la custodia.
    Commissioni di gestione ed eventualmente di incentivo, altri costi a carico del fondo.
    Commissioni
    Trattandosi di azioni si pagano le commissioni di intermediazione e un’entrata ed un’uscita comportano l’impatto bid-ask.
    Alcuni fondi prevedono commissioni d’entrata e/o di uscita. Non ci sono commissioni di intermediazione.
    Costi di rotazione
    Basandosi su indici che vengono ribilanciati non frequentemente e solo per una percentuale contenuta, il costo di rotazione del portafoglio è basso.
    Basandosi su indici che vengono ribilanciati non frequentemente e solo per una percentuale contenuta, il costo di rotazione del portafoglio è basso.
    Riscatti
    Avvenendo nel mercato azionario, la decisione di un investitore non influenza il valore del fondo o le politiche decisionali del gestore.
    Il rimborso di una quota comporta una riduzione del patrimonio del fondo obbligando a vendere , pro-quota gli attivi o a mantenere una parte di cash sempre disponibile.
    Efficienza fiscale
    Gli investitori pagano le imposte solo quando decidono effettivamente di investire.
    I fondi pagano le tasse su base annuale.
    Trasparenza
    Replicando fedelmente un determinato indice di riferimento – consentono agli investitori di conoscere già a priori la composizione dello stesso paniere in cui vanno ad investire.
    L’investitore potrà conoscere la composizione precisa del fondo, soltanto quando quest’ultima gli verrà comunicata dalla società di gestione: il che avviene solitamente due volte.
    Liquidità
    Garantita dalla presenza di diversi intermediari che si impegnano a quotare continuamente in borsa un prezzo d’acquisto e un prezzo di vendita secondo specifici obblighi di quantità minima e di spread massimo.
    APERTI: possibilità per gli investitori di acquistare quote e di chiedere, in qualunque momento, il rimborso del loro investimento
    CHIUSI: il numero delle quote di partecipazioni è fisso e il diritto al rimborso viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate.
    Investimento minimo
    Non è prevista nessuna sottoscrizione minima e il lotto minimo è rappresentato da una sola azione o quota equivalente a una frazione dell’indice sottostante
    La sottoscrizione comporta un investimento minimo che viene fissato dalla stessa società emittente in funzione anche della tipologia di fondo scelto.
  • 1. Riproduzione fedele dell’indice sottostante;
    2. Trasparenza;
    3. Diversificazione;
    4. Liquidità;
    5. Negoziazione continua;
    6. Lotto minimo;
    7. Dividendi;
    8. Commissioni;
    9. Trattamento fiscale.1. Riproduzione fedele dell’indice sottostante
    Gli ETF riproducono fedelmente ogni variazione dell’indice sottostante (a parte un limitato errore, positivo, o negativo definito tracking error).
    Più precisamente, il tracking error, è dato dalla differenza fra il rendimento del portafoglio e quello dell’indice di riferimento. Quanto più questo valore tenderà ad essere vicino allo zero quanto maggiore l’exchange traded fund tenderà a replicare lo stesso benchmark.
    Quando si acquista o si vende un ETF è come acquistare o vendere contemporaneamente tutte le azioni comprese nell’indice di riferimento. Così, se ad esempio l’indice S&P/Mib40 si apprezzerà per il 2%, il suo corrispondente ETF si apprezzerà nella stessa proporzione. Al contrario, se l’indice perderà il 2%, anche il corrispondente ETF si ridurrà della medesima percentuale. Quindi attraverso un exchange traded fund si potrà beneficiare della performance di tutte le azioni dell’indice sottostante con la stessa semplicità dell’acquisto di un’azione. Nella valutazione dell’andamento occorrerà tuttavia tenere in considerazione anche il tasso di cambio per quegli ETF quotati in valuta diversa dall’Euro2. Trasparenza
    La trasparenza è senza dubbio una delle principali caratteristiche degli ETF, infatti (replicando fedelmente un determinato indice di riferimento) consentono agli investitori di poter conoscere la composizione del loro portafoglio e del suo esatto valore in ogni momento della giornata.3. Diversificazione
    Gli exchange traded funds offrono i vantaggi dell’investimento di una pluralità di titoli; infatti permettono di investire direttamente in un indice di riferimento di propria scelta, che può essere un indice di mercato, un indice settoriale o ancora geografico, e ciò li rende strumenti estremamente flessibili.
    L’acquisto di un singolo titolo infatti, comporta due tipi di rischio:
    a. il primo è legato alle caratteristiche dell’azione o dell’obbligazione acquistata;
    b. il secondo è legato al mercato dove l’azione o l’obbligazione viene quotataAcquistando un indice intero si diversifica riuscendo ad eliminare il primo tipo di rischio, quello cioè legato alle caratteristiche specifiche dell’emittente di quel titolo, diminuendo sensibilmente il rischio globale del nostro investimento. Gli ETF, essendo composti da un paniere di titoli, consentono di diversificare il proprio portafoglio riducendo conseguentemente il rischio legato ad ogni singolo titolo. Il secondo tipo di rischio invece, dipende dal fatto che il rendimento del titolo è inevitabilmente legato a quello dell’intero mercato dove l’azione od obbligazione viene quotata.4. Liquidità
    La liquidità è garantita dalla presenza di diversi intermediari che s’ impegnano a quotare continuamente in borsa un prezzo d’acquisto e un prezzo di vendita secondo specifici obblighi di quantità minima e di spread massimo. Quando un ETF presenta un buon grado di liquidità. in ogni momento, durante la sessione di borsa, si è sempre certi di trovare la controparte in tempi relativamente veloci. In particolare l’ETF gode della liquidità assicurata:
    – dallo specialist (o “market marker ufficiale”) che durante le ore di contrattazione è tenuto ad esporre quotazioni in acquisto o in vendita in maniera continuativa, con obbligo di reintegrazione della quotazione entro 5 minuti in caso di mancanza della controparte
    – dai market marker non ufficiali che possono sottoscrivere e chiedere il rimborso delle quote/azioni dell’ETF secondo lo stesso meccanismo dello specialist
    – dagli arbitraggi tra l’ETF, le azioni sottostanti e i derivati sull’indice benchmark.

    5. Negoziazione continua

    Gli ETF sono negoziabili esattamente come un’azione tramite qualunque intermediario: agenzia bancaria, e-broker, sim, e vengono trattati continuamente durante le normali ore di contrattazione applicando le medesime procedure utilizzate per le azioni (come ad esempio: ordine a mercato, ordine limitato, ordine in stop e così via). L’investitore può pertanto venderli o acquistarli in qualsiasi momento durante la seduta di borsa in base alle sue aspettative e beneficiare così dell’evoluzione dell’indice in tempo reale. Sul mercato italiano gli ETF sono trattati con la sola modalità di negoziazione continua compresa fra le ore 9.05 e le ore 17.25 di ogni seduta di borsa6. Lotto minimo
    Non sono previsti lotti minimi di sottoscrizione: pertanto è possibile acquistare anche una sola azione o quota. Ogni lotto equivale a una frazione dell’indice sottostante. E’ evidente che nel caso di importi estremamente contenuti sarebbe opportuno valutare preventivamente l’incidenza delle commissioni di negoziazione, soprattutto nel caso in cui il proprio broker applichi commissioni con una componente fissa e/o con un costo minimo

    7. Dividendi
    Vengono riconosciuti agli investitori i dividendi delle azioni detenute in portafoglio, i proventi del loro reinvestimento, nonché quelli derivanti dal prestito (securities lending)delle azioni del portafoglio gestito.
    A questi si devono aggiungere anche gli interessi che gli ETF a reddito fisso corrispondono mensilmente ai loro detentori a fronte degli investimenti in obbligazioni. La maggior parte degli ETF reinvestie immediatamente i proventi, consentendo in tal modo di impiegare tutta la liquidità resasi disponibile. Così facendo il valore di mercato dell’ETF è il risultato di una capitalizzazione composta

    8. Commissioni

    Una delle caratteristiche maggiormente apprezzate dal mercato riguarda proprio l’assenza di costi di ingresso, costi d’uscita e di performance sugli exchange traded funds. Essendo dei fondi a gestione passiva infatti, prevedono solamente una limitata commissione di gestione annua (compresa fra lo 0,10 e lo 0,99 per cento), oltre alle relative commissioni di intermediazione sostenute dall’investitore per ogni transazione

    9. Trattamento fiscale
    Dal punto di vista fiscale, gli ETF sono assimilati alle azioni, infatti sono tassati con una ritenuta del 12,5% sul capital gain: cioè sulla differenza positiva tra il prezzo di vendita e quello di acquisto. In realtà il meccanismo è leggermente più complesso in quanto c’è una differenziazione fra redditi da capitali e redditi diversi

  • Il regime fiscale degli ETF è equiparato, in Italia, a quello degli 0ICR (Organismi d’ Investimento Collettivo del Risparmio). Bisognerebbe distinguere il caso di ETF di diritto italiano da quello di ETF di diritto estero, ma in realtà è poco utile in quanto attualmente, non esiste nessun ETF di diritto italiano
    L’affermazione che gli ETF siano tassati al 12.5% non è del tutto esatta, in quanto esistono dei casi particolari.L’elemento da valutare nell’ambito del trattamento fiscale degli ETF sono i proventi che rientrano in due differenti tipologie di reddito:1. redditi da capitale: derivanti dai dividendi percepiti e dall’incremento di valore del capitale gestito dal fondo (NAV)
    2.redditi diversi: ossia il capital gain-loss derivante dalla discrepanza tra i prezzi di compravendita delle quote ed il valore effettivo delle stesse, misurato tramite i NAV dei giorni in cui vengono effettuate le transazioniI redditi da capitale (oltre ai dividendi eventualmente percepiti) sono pari alla differenza tra il valore del NAV del giorno in cui le quote dell’ETF sono state vendute ed il valore del NAV del giorno in cui le quote dell’ETF sono state acquistate (“delta NAV”). I redditi diversi si ottengono, sottraendo il delta NAV, dalla differenza determinata dal prezzo di vendita dell’ETF ed il prezzo d’ acquisto dello stesso. Analiticamente:Reddito da capitale = (NAVv – NAVa)
    Reddito diverso = (Pv – Pa) – (NAVv – NAVa)Pa = il prezzo di acquisto pagato in Borsa;
    NAVa = il valore (NAV) della quota nel giorno di acquisto;
    Pv = prezzo di vendita incassato in Borsa;
    NAVv = valore (NAV) della quota nel giorno di venditaUn esempio numerico renderà tutto più chiaro: immaginiamo di acquistare una quota al prezzo di 100€ e che il NAV della quota al momento dell’acquisto sia di 96€. Il prezzo di vendita della quota è di 120€ mentre il NAV della quota al momento della vendita sia di 110€

    In questo casto il Reddito da capitale sarà uguale a (NAVv – NAVa) = (110 -96) = 14
    In Reddito diverso sarà = (Pv — Pa) – (NAVv — NAVa) =(120- l00)-(ll0-96)=6
    In caso di un delta NAV negativo nel calcolo del reddito diverso, si assume NULLO, e nella relativa formula del reddito diverso delta NAV si pone pari a zero

    Un’ ulteriore distinzione va fatta fra ETF Armonizzati ed ETF non Armonizzati, ricordando che tutti quelli quotati a Piazza Affari (MTF) fanno parte della prima categoria. Nella tabella di seguito riassumiamo le modalità di tassazione per i 3 diversi regimi: 1.regime dichiarativo (“fai da te”) 2.regime del risparmio amministrato (pensa a tutto la banca) 3.regime del risparmio gestito (Gpf e Gpm)

    Regime Dichiarativo
    Regime Amministrato
    Regime Gestito
    REDDITI
    DA
    CAPITALE
    L’intermediario applica una
    ritenuta a titolo di imposta del 12.5%. Nessun onere per l’investitore.
    L’intermediario applica una
    ritenuta a titolo di imposta
    del 12.5%. Nessun onere per l’investitore.
    Concorrono a formare il risultato di fine periodo, il quale, a sua volta, è assoggettato ad imposte
    sostitutiva del 12.5%. Nessun onere per l’ investitore.
    REDDITI
    DIVERSI
    L’intermediario non applica alcuna imposta sostitutive. Vanno indicati in dichiarazione dei redditi e sono, pertanto, assoggettati ad aliquota marginale IRPEF
    L’intermediario applica una
    ritenuta a titolo di imposta
    del 12.5%. Nessun onere per l’investitore.
    Concorrono a formare il risultato di fine periodo, il quale, a sua volta, è assoggettato ad imposta
    sostitutive dal 12.5%. Nessun onere per l’investitore.

    Diverso (e più penalizzante) il trattamento fiscale per gli ETF non armonizzati che riassiumiamo nella seguente tabella:

    Regime Dichiarativo
    Regime Amministrato
    Regime Gestito
    REDDITI
    DA
    CAPITALE
    L’intermediario applica una ritenuta a titolo di acconto dal 12.5%. Vanno indicati in dichiarazione dei redditi e sono assoggettati ad aliquota marginale IRPEF.
    L’intermediario applica una ritenuta a titolo di acconto del 12.5%. Vanno indicati in dichiarazione dei redditi e sono assoggettati ad aliquota marginale IRPEF.
    L’intermediario applica una ritenuta n titolo di acconto del 12.5% e, pertanto, non concorrono a formare il risultato di fine periodo.
    REDDITI
    DIVERSI
    L’intermediario non applica alcuna imposta sostitutiva. Vanno indicati in dichiarazione dei redditi e sono assoggettati ad aliquota marginale IRPEF. L’intermediario applica una ritenuta a titolo di imposta del 12.5%. Nessun onere per l’investitore. Concorrono a formare il risultatodi fine periodo, il quale, a sua volta, è assoggettato ad imposta sostitutive del 12.5%. Nessun onere per l’investitore.

    Dal confronto delle tabelle è evidente la forte penalizzazione a livello fiscale degli ETF non armonizzati, per i quali i redditi da capitale vanno indicati in dichiarazione dei redditi e sono sottoposti a tassazione in base all’aliquota marginale Irpef (sempre superiore al 12.5%). Inoltre il sistema della in kind creation-redemption, fa sì che tendenzialmente prezzo e NAV siano, in qualsiasi giorno di borsa, valori molto simili, quindi i redditi da capitale, rappresentano la parte rilevante degli eventuali guadagni, lasciando ai redditi diversi un ruolo marginale, quasi trascurabile nel lungo periodo. Nel caso di trading giornaliero il Nav per ciascuna operazione d’ acquisto e vendita è lo stesso essendo il Nav un valore fisso per l’intera giornata di negoziazione Quindi il delta Nav è sempre nullo e un trader giornaliero che può considerare gli Etf come qualsiasi titolo azionario: tutti i proventi saranno considerati redditi diversi e saranno assoggettati ad imposta sostitutiva del 12.5% e potranno essere portati in deduzione ad eventuali perdite pregresse. Per distinguere un ETF armonizzato da uno non armonizzato è necessario leggere il prospetto informativo ed il regolamento (tutti gli ETF quotati al di fuori dell’Unione Europea non sono armonizzati).

    La differenza più evidente fra la tassazione di un’azione e di un ETF è che tutta la plusvalenza derivante dall’investimento azionario può essere portata in deduzione di eventuali perdite pregresse. Nel caso di ETF, invece, è possibile portare in compensazione soltanto i redditi diversi, mentre i proventi derivanti dai redditi da capitale, saranno in ogni caso sottoposti all’imposta sostitutiva del 12.5%. L’unica eccezione è per il regime gestito, in cui tutti i redditi concorrono a formare il risultato di fine periodo, rendendo di fatto compensabili anche i redditi da capitale.

    Sebbene la tassazione degli ETF sembra più articolata c’è da aggiungere che, In un’ottica fiscale, la strategia vincente è quella di ritardare il più possibile il momento in cui si dovranno effettivamente pagare le tasse, in modo da non perdere anche il rendimento aggiuntivo che si sarebbe potuto ottenere su tali flussi di cassa in uscita. Se, infatti, confrontiamo il rendimento di 2 investimenti in cui nel primo si pagano le tasse solo a scadenza dell’investimento, e nel secondo invece, il gettito fiscale viene versato annualmente, si scoprirà un significativo risparmio nel primo caso, quando si otterrà un rendimento costantemente crescente. Come nel caso dei costi di gestione, il ritardare l’effettivo esborso fiscale permette di ottenere un sensibile beneficio e tale effetto sarà tanto maggiore al crescere della durata dell’investimento.

Per strategie d’investimento s’intende l’insieme delle scelte messe in atto dall’investitore per incrementare il rendimento del suo portafoglio: dove, il raggiungimento dei suoi obiettivi, l’orizzonte temporale e il rischio dei diversi strumenti finanziari ne costituiscono gli elementi determinanti. L’investitore può ricorrere a diversi strumenti di selezione e di analisi che, fino a pochi anni fa erano di esclusivo appannaggio degli investitori istituzionali. Date le sue caratteristiche, gli ETF si prestano a diverse modalità di impiego: Trading, Copertura, Investimento a medio/lungo termine ecc.

Le strategie di trading consentono all’investitore di prendere posizione sui mercati approfittando così,dei loro movimenti di breve: sia al rialzo che al ribasso. Grazie alla loro liquidità e facile negoziabilità gli ETF , possono essere impiegati a supporto degli strumenti tradizionali d’investimento (come le azioni, le obbligazioni ,i fondi e così via) oppure in sostituzione parziale o totale degli stessi. E’ possibile, ad esempio, utilizzare ETF per “parcheggiare” momentaneamente la liquidità resasi disponibile da precedenti disinvestimenti e in attesa di futuri impieghi. Un investitore che possiede un portafoglio investito e ha bisogno di una certa liquidità per far fronte ad esigenze particolari nell’arco di alcuni mesi/settimane (acquisto di una casa, di un’ attività ecc), potrebbe voler impiegare tale liquidità in eccesso in un prodotto legato al benchmark del proprio portafoglio acquistando il relativo ETF. In questo modo si può effettuare un investimento temporaneo che eviti di tenere il denaro fermo senza rischio di scostarsi troppo dal proprio indice di riferimento nell’attesa di impiegare quella liquidità

Se, invece, si volesse prendere posizione, ad esempio, sul mercato azionario americano, in quanto ci si aspetta che lo stesso possa apprezzarsi, entro breve tempo ma non riesce ad individuare il momento migliore per investire direttamente su quei settori che possano sovraperformare il mercato stesso si potrebbe momentaneamente investire la stessa liquidità sull’indice prescelto, acquistando un ETF e ottenendo un’immediata esposizione su detto mercato. Quando in un secondo momento, si è deciso su quali titoli/settori puntare, si potrà, a seconda della disponibilità, lasciare inalterata la percentuale della quota investita, vendendo la quota dell’ETF per investire sui singoli settori o in alternativa continuare a mantenere l’esposizione sul mercato scelto, senza vendere l’ETF corrispondente, investendo sui singoli settori compresi nell’indice stesso.

Attraverso gli ETF è anche possibile impostare strategie legate ai settori e ai mercati: in particolare se si detiene un portafoglio di titoli appartenenti a settori diversi di uno stesso indice e si vuole incrementare l’ esposizione esclusivamente su un singolo settore (in quanto ritiene che quest’ultimo possa nel breve termine apprezzarsi) è possibile acquistare ETF settoriali. Così facendo si otterrà un’immediata esposizione sul settore scelto, beneficiando nello stesso tempo della sua crescita in valore, oltre ai vantaggi legati alla diversificazione, e sostenere così commissioni più ridotte di quelle che sosterrebbe per prendere un’eguale esposizione sul medesimo settore. Successivamente se si desidera ulteriormente incrementare l’ esposizione su un settore, si potrebbero scegliere quei titoli che hanno un maggior peso e una maggiore forza relativa all’interno del medesimo settore. Analogamente è possibile aumentare l’esposizione ai mercati internazionali con l’ausilio degli ETF in quanto si può scegliere tra una varietà di mercati anche molto distanti dall’Europa come: Hong Kong, il Sud America, l’Australia la Cina ecc. L’investimento diretto su società operanti in questi paesi può risultare, per molti aspetti, difficoltoso e comporterebbe la detenzione di un portafoglio molto concentrato in mercati di per se già molto volatili e, quindi, rischiosi. Ci sono inoltre oggettive difficoltà nel manutenere le posizioni per problemi di fusi orari, gap informativi dovuti alla lingua diversa ecc.

Ulteriore opportunità fornita dagli ETF per impostare operazioni a livello speculativo è legata alla possibilità di vendita allo scoperto ovvero quell’ attività che consente a un investitore di vendere un ETF senza esserne il titolare, con l’intenzione di riacquistarla successivamente quando le quotazioni risulteranno inferiori. Tale strategia consente di prendere una posizione ribassista sul mercato che può durare anche per più giorni consecutivi, lucrando così su un’ eventuale discesa delle quotazioni Analogamente a quanto avviene per i titoli azionari e per i derivati (come ad esempio i future), le vendite allo scoperto possono essere applicate anche agli ETF. C’è comunque da tener presente che gli investitori privati potranno operare vendite allo scoperto solo se ciò è espressamente previsto dal proprio intermediario di e secondo le modalità definite da quest’ultimo.

Inoltre con l’ausilio degli ETF è possibile implementare strategie di copertura (hedging) che hanno come obiettivo quelle di proteggere il guadagno fino a quel momento consolidato, di un determinato portafoglio, da eventuali discese del mercato. In effetti si vuole “bloccare” i guadagni realizzati, vendendo allo scoperto un quantitativo di titoli pari al valore delle posizioni lunghe detenute in portafoglio. In tal modo i guadagni realizzati dalla posizione di vendita allo scoperto sugli Etf (posizione short) andrebbero ad eguagliare le perdite conseguite dai titoli long detenuti in portafoglio, lasciando in tal modo la situazione inalterata dal punto di vista del rendimento. Le strategie di Hedging sono molto utili, ad esempio, quando si detiene un portafoglio di titoli che replicano l’andamento di un determinato indice di mercato che sia giunto in prossimità di un’area di resistenza in seguito ad un lungo rialzo e si teme che possano scattare delle prese di profitto. In questo caso è possibile implementare 3 strategie:

1. Detenere i titoli senza adottare alcuna strategia di copertura rischiando di rivedere i titoli deprezzati in seguito ad un’ eventuale discesa del mercato
2. Vendere tutte le azioni del portafoglio: dispendioso in termini di commissioni a cui si aggiungerebbe anche la tassazione sui guadagni ottenuti dalla vendita degli stessi titoli
3. Implementare strategia di copertura, il cui intento è quello di lasciare inalterato il rendimento del proprio portafoglio. In effetti si continuano a mantenere gli stessi titoli in portafoglio, aprendo al contempo delle posizioni di vendita allo scoperto sull’indice di mercato o di settore vendendo i corrispondenti ETF per un ammontare pari al valore del portafoglio.

Implementando strategie di copertura è fondamentale gestire le posizioni fissando un livello di stop loss nel caso in cui la strategia risultasse sbagliata cioè l’ETF anziché stornare prosegua il suo allungo
Se l’analisi si dimostrerà corretta (e si verificherà la prevista discesa) l’ ETF assumerà valori via via inferiori, e mano a mano che la correzione prosegue, e il portafoglio potrà beneficiare della relativa copertura. Al fine di consolidare progressivamente i guadagni accumulati è opportuno spostare lo stop a livelli via via più bassi (trailing stop) consentendo di realizzare in ogni caso un guadagno certo dall’operazione allo scoperto. Naturalmente nel caso venga colpito lo stop, l’operazione di copertura verrà automaticamente chiusa. Qualora il ribasso dovesse ancora proseguire si abbasserà ulteriormente lo stop fin quando si ritiene che le quotazioni siano giunte in prossimità di un’importante area di supporto. Il guadagno derivato dall’operazione di copertura sarà determinato dalla differenza tra il ricavo che ha incassato dalla vendita degli ETF al momento dell’inizio dell’operazione e il costo che ha successivamente sostenuto per riacquistarli

E’ infine possibile implementare strategie di copertura comprando e vendendo gli ETF al margine, ottenendo così la stessa esposizione impiegando solo una parte del capitale. Questa strategia è ovviamente molto più rischiosa del long only (ho 100 e compro 100) e rispecchia, sostanzialmente, l’investimento tramite i contratti futures. Tutti gli ETF sono privi di Leva quindi i movimenti al rialzo o al ribasso dell’indice benchmark sottostante si riflettono indicativamente in uguale misura sul valore dell’ETF; recentemente alcune Banche/Sim hanno cominciato a consentire agli investitori privati (su loro esplicita richiesta) di negoziare gli ETF quotati su Borsa Italiana usufruendo del servizio di “Marginazione“. Questo strumento già utilizzato per le azioni, consente di acquistare un ETF impiegando solo una quota parte dell’importo complessivo che s’ intende investire. Naturalmente l’effetto Leva indotto dalla Marginazione aumenta in maniera rilevante i rischi dell’investimento in quanto vengono amplificate in maniera significativa sia le perdite sia i guadagni potenziali: questo servizio dovrebbe essere perciò attivato solo in un’ottica di “trading” prettamente “speculativo” e di “breve periodo” e solo da investitori capaci di comprendere, monitorare e gestire adeguatamente il rischio assunto. Inoltre, andrebbero analizzati accuratamente con l’intermediario, i costi e le condizioni del servizio di Marginazione e la congruenza di tale opzione con il proprio profilo personale di investitore.

  • Così come per tutti gli strumenti finanziari che abbiano una storia, è possibile utilizzare l’analisi tecnica sui prezzi degli Etf. I limiti che possiamo incontrare sono:1. Serie storica dei prezzi troppo corta nel caso di Etf di recente quotazione
    2. Grafici che rispecchino una certa discontinuità oscillatoria evitando il più possibile gap e appiattimenti tipici degli Etf scarsamente liquidi. In questo caso è difficile applicare le proprie strategie operative in quanto potrebbe essere disagevole trovare una controparteA chi non conoscesse l’analisi tecnica, ricordiamo che non stiamo parlando di una metodologia infallibile o un sistema che fa guadagnare sempre e comunque! L’analisi tecnica è un metodo induttivo di indagine economica che studia i movimenti dei mercati, tramite l’utilizzo di grafici e strumenti diversi, allo scopo di prevedere le tendenze future dei prezzi. Analizziamo brevemente i 3 presupposti su cui si fonda questa disciplina:1. Il mercato sconta tutto
    2. I prezzi si muovono dentro un trend
    3. La storia si ripete1. L’ analista tecnico parte dal presupposto per cui nei prezzi di borsa sono incorporati tutti quei fattori di carattere fondamentale, politico, psicologico ecc. che ne hanno determinato l’andamento. Di conseguenza lo studio dei movimenti dei prezzi è tutto ciò che viene richiesto ad un analista tecnico. L’interesse sarà concentrato sul prezzo che è il vero termometro del mercato in quanto, come è noto, i prezzi di borsa sono dati dall’incontro di domanda e di offerta: se la domanda supera l’offerta i prezzi salgono, se viceversa i prezzi scendono vuole dire che l’offerta prevale sulla domanda. Considerando il prezzo, è possibile sapere in quale rapporto stanno domanda ed offerta. I grafici sono lo strumento attraverso il quale è possibile seguire lo sviluppo del processo di domanda ed offerta riflettendo la psicologia rialzista e ribassista. L’analista tecnico, quindi, non si chiederà le motivazioni esterne sulla base delle quali si muovono i prezzi,ma si preoccuperà solamente di capire quale direzione il mercato intenderà prendere2. I corsi tendono a muoversi creando una sorta di sentieri o tendenze, che tendono a persistere per un periodo apprezzabile di tempo. Questi sentieri si creano perché le notizie non sono percepite da tutti gli operatori in maniera istantanea, ma i vari gruppi le ricevono in tempi diversi secondo un sistema di cerchi concentrici (insiders, analisti e intermediari ed infine gli investitori). Lo scopo di un analista tecnico sarà quello di identificare un trend sin dai suoi primi movimenti, al fine di investire nella sua direzione primaria. Un trend si innesca a seguito di un evento economico che ha modificato le aspettative degli operatori: mano a mano che sul mercato l’informazione si diffonde e gli operatori iniziano a comprare o a vendere sviluppando così una tendenza. Il processo che si dovrà porre in essere sarà dunque “imitativo” del comportamento di alcuni operatori finanziari che dispongono di informazioni riservate, oppure che dispongono delle stesse informazioni degli altri ma riescono ad analizzarle meglio. L’obiettivo non è quello di fare previsione dell’andamento futuro dei prezzi, ma individuare il prima possibile sul mercato una modificazione dell’equilibrio tra domanda ed offerta

    3. La borsa è un fenomeno molto complesso, ma prima di ogni altro aspetto è un fenomeno sociale, in quanto messo in atto da soggetti umani e quindi, va affrontato con metodologia psico-sociale per cercare di trarre conclusioni a fini operativi. Analizzare un grafico ha dunque grande importanza in quanto sono impresse su di esso le emozioni e le paure basate sulla psicologia umana che tendono a non cambiare. Partendo dal presupposto che i movimenti del mercato sono storicamente ricorrenti, si può concludere che per capire il futuro, prima bisogna studiare il passato, poiché il futuro potrebbe esserne la ripetizione.

    I pregi dell’analisi tecnica sono:

    a) Capacità di fornire il timing individuando i migliori punti di entrata e uscita
    b) La Flessibilità in quanto è adattabile a previsioni di breve, medio e lungo periodo
    c) L’Adattabilità in quanto è possibile utilizzare la metodologia su qualsiasi strumento finanziario che abbia una storia (analisi intermarket panoramica sulla situazione di tutti i mercati)
    d) I Bassi costi necessari per sviluppare questa metodologia

    Gli Etf sono strumenti che meglio si prestano al trading di posizione: l’obiettivo è quello di individuare un trend e quindi guadagnare dai movimenti consistenti. Avendo questo obiettivo, le tecniche da privilegiare sono dette Trend Following in quanto hanno la capacità di individuare i trend del mercato e di seguirli nel loro svolgersi. L’obiettivo è quello di prendere “la fetta” più grande possibile del trend, aprendo le posizioni appena il movimento si manifesta e chiudendole quando il movimento segnala l’esaurimento della spinta rialzista o ribassista. Dovendo seguire la tendenza è necessario “vedere” il trend sul mercato, quindi attendere che parte del movimento si sia realizzata: quindi si comprerà in alto per rivendere ancora più in alto, si venderà in basso per ricomperare poi ancora più in basso. I mercati finanziari trascorrono la maggior parte del loro tempo in fasi di laterale: questo comporta il fatto che i sistemi Trend Following generino i loro profitti in archi temporali brevi, con operazioni molto profittevoli. (rischio di accumulare numerose piccole perdite).

    La vera criticità dei sistemi trand following è che il rapporto tra operazioni vincenti e perdenti sarà spesso a favore delle seconde: tuttavia la perdita media sarà molto inferiore al guadagno medio di ciascuna operazione, in modo da rendere la somma complessiva di profitti e perdite ampiamente positiva. I sistemi Trend Following devono, quindi, essere costruiti filtrando i mercati laterali: questo permette di ridurre notevolmente la serie di perdite consecutive e quindi ridurre il rischio associato al metodo di trading. Questa tipologia di sistemi è la più difficile da seguire poiché il numero elevato di perdite consecutive e l’incapacità di generare profitto per lunghi periodi di tempo portano a perdere fiducia nel sistema e ad accumulare stress.

    In prima battuta, tutto potrebbe sembrare facile: basta seguire il trend! In realtà bisogna chiedersi cos’è un trend? Dalla definizione di Analisi Tecnica un trend è al rialzo quando i massimi e i minimi sono crescenti; un trend è al ribasso, invece, quando i massimi e minimi sono decrescenti. Ma quali dei molti Max e Min di un grafico accettiamo (e quali trascuriamo) al fine della decisione della tendenza in atto? L’analisi è estremamente discrezionale quindi, è utile avvalersi di indicatori analitici che non lasciano spazio alla discrezionalità: medie mobili, Adx, Chande Momentum Oscillator, Trendscore, medie mobili adattive ecc.

    Le medie mobili sono gli Indicatori tecnici più utilizzati su cui si basano molti sistemi meccanici trend following. L’analisi Tecnica classica (graficisti) è molto soggettiva, mentre le regole delle Medie mobili possono facilmente essere verificabili attraverso sistemi informatici. Le medie sono strumenti utili per identificare il trend: il loro scopo è segnalare l’inizio di una tendenza e controllarne gli sviluppi. Il calcolo della media contribuisce a filtrare i movimenti irregolari dei prezzi; evidentemente in condizioni di trading range i segnali non sono affidabili sopratutto quando si lavora con medie corte. Il periodo di calcolo è direttamente proporzionale all’entità di filtro: un periodo di calcolo maggiore contribuirà a un maggior ritardo dei segnali mentre uno più breve fornirà maggiori falsi segnali. In definitiva le medie mobili seguono e non anticipano lo sviluppo dei prezzi quindi, per loro natura matematica, sono sempre in ritardo

    Un indicatore alternativo alle media mobili è l’ AVERAGE DIRECTIONAL MOVEMENT INDEX (ADX). E’ un indicatore che rappresenta la media tra il directional movement indicator positivo e quello negativo il cui scopo non è quello di misurare la direzione del mercato, ma la sua forza. Più alto è il livello raggiunto dall’ADX , maggiore è la forza del trend sottostante. Secondo Wilder qualunque livello sopra 15 indica un trend, ma in via prudenziale si consiglia di stare su livelli maggiori di 25, soprattutto in periodi instabili e di grande volatilità. All’ADX è possibile combinare gli indicatori DX+ e DX- (da cui deriva) che forniscono indicazioni sulla direzione del trend. Operativamente è possibile aprire posizioni Long quando +DI incrocia al rialzo –DI e ADX>25; al contrario si aprono posizioni Short quando -DI perfora al ribasso +DI e ADX>25. Ulteriore elemento di conferma è la pendenza dell’ADX, che dovrebbe essere in accordo con la posizione presa. Utilizzando l’indicatore in questa modo, si avrà un sistema di inversione perché è sempre sul mercato (long o short). In realtà spesso è opportuno liquidare la posizione prima del prossimo incrocio uscendo quando l’Adx cambia direzione, magari allegerendo il 50% della posizione quando c’è un nuovo incrocio e liquidando il restante 50% a seguito dell’incrocio.

    In definitiva è possibile applicare tutte le strategia di analisi tecnica facendo trading sugli Etf. Il consiglio è però, date le caratteristiche dello strumento tradato, quello di privilegiare tecniche che mirino a rimanere sul mercato per un periodo sufficiente ad individuare una tendenza, cercando di lavorare sempre nella direzione del trend principale. L’obiettivo è quello di individuare un punto d’ingresso (Break di un resistenza o test di un supporto) fissare preventivamente il livello di stop loss utilizzando gli swing dei prezzi (per conoscere ex ante quanto può costare al massimo quel trade) e adeguare i livelli di uscita man mano che i prezzi si muovono nella direzione auspicata (trailing stop).

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  • L’investimento a medio e lungo termine è ideale per chi vuole costruire un capitale, o più semplicemente diversificare e valorizzare nel tempo un risparmio in maniera semplice e a costi ridotti. Data la loro versatilità, gli ETF possono essere utilizzati nelle diverse strategie d’investimento a medio e lungo termine, dove possono affiancare o sostituire gli strumenti tradizionali, permettendo così di raggiungere l’obiettivo prefissato. Attualmente, la gamma di ETF è talmente varia, da poter replicare qualsiasi FCI (a costi ben più passi)Una strategia per investire il proprio capitale nel medio-lungo termine è quella di ricorrere ai fondi d’investimento, la cui popolarità è cresciuta progressivamente nell’ultimo ventennio. Una delle principali caratteristiche dei Fondi è quella di consentire al sottoscrittore di entrare sul mercato con capitali modesti e di ottenere una gestione professionale che consenta nel tempo di ottenere risultati positivi, con un rischio mediamente contenuto. I fondi d’investimento dovrebbero prediligere una gestione più attiva, anche se ciò non sempre accade. Inoltre a pesare sul loro rendimento finale, sono i più elevati costi di gestione a cui gli stessi fondi sono soggetti, e la cui incidenza si fa sentire in particolar modo nei momenti di rallentamento o di stasi del mercato. Alla luce di questa situazione l’investitore potrebbe trovare conveniente sostituire l’investimento in fondi con quella degli ETF che mirano a seguire da vicino l’evoluzione del proprio indice di riferimento, offrendo al tempo stesso la massima trasparenza possibile.In via preventiva non si può dire se è meglio un investimento in fondi o in Etf; per fare questa scelta bisogna decidere se si vuole che il gestore si allontani dal benchmark (e da quale benchmark): questa possibilità si chiama “rischio attivo”. Il rischio attivo non è necessariamente un male, perché esistono alcuni gestori che sono effettivamente più bravi degli altri, ma nella realtà dei fatti sono pochi e, non sempre, si riesce a trovarli. Se si decide di allontanarsi dal rischio di base bisogna essere convinti che:1. esistano gestori bravi
    2. che siano in grado di fare meglio del loro parametro di riferimento
    3. soprattutto si sia in grado di trovarli!Se si ritene di riuscire a portare a termine ciascuna delle tre fasi, è corretto affidarsi ai fondi attivi, altrimenti sono da privilegiare gli ETF perché costano meno e portano precisamente dove si è deciso di andare, senza sorprese aggiuntive.Le tecniche per scegliere l’Etf che meglio si adatti alle proprie strategie di investimento sono diverse; una metodologia interessante è quella applicata alla rotazione settoriale: il mercato nel suo complesso risulta formato da diversi comparti azionari, corrispondenti ai differenti settori economici e il loro continuo alternarsi da origine alle fasi di espansione e a quelle di contrazione. Per questo motivo risultano piuttosto rari i momenti in cui tutti i settori economici crescono o decrescono simultaneamente. Il concetto della rotazione settoriale risulta utile al fine di identificare da una parte, lo stadio di maturità della tendenza primaria corrente e dall’altra di selezionare quei settori che presentano una forza relativa crescente. Ad esempio, i settori sensibili ai cambiamenti dei tassi d’interesse tendono ad anticipare sia i minimi che i massimi del mercato, mentre i settori sensibili alla domanda di beni capitali o di materie prime tendono generalmente a seguire con ritardo l’andamento complessivo del mercato. Attraverso gli ETF è possibile prendere immediata posizione su uno specifico settore azionario, senza essere necessariamente costretti ad acquistare i differenti titoli facenti parte di quel determinato paniere. Così facendo si potrà ottenere un’immediata esposizione su detto settore, beneficiando nello stesso tempo della sua crescita in valore, oltre ai vantaggi legati alla diversificazione

    E’ possibile anche investire utilizzando la forza relativa, investendo, magari, su un indice di borsa beneficiando nello stesso tempo della sua crescita in valore, oltre ai vantaggi legati alla diversificazione.
    Se si pensa, ad esempio, che in un determinato momento il mercato statunitense debba crescere in termini relativi in misura maggiore rispetto a quello francese, sarà opportuno sovapesare il primo e sottopesare il secondo. A questa decisione si arriva analizzando la forza relativa comparata fra i due mercati, la quale confronta tra loro, due grandezze (composte da indici di mercato, di settore, titoli o altro) per mostrare come detti valori stiano performando in modo relativo l’uno rispetto all’altro. I cambiamenti di tendenza espressi dalla forza relativa generalmente tendono ad anticipare quelli effettivi dell’attività finanziaria a cui essa è riferita. E’ quindi possibile utilizzare la forza relativa al fine di orientare gli acquisti verso gli Etf che manifestano una forza relativa crescente.

    La grande flessibilità degli ETF consente anche di costruire un investimento a capitale garantito; in momenti di turbolenza finanziaria gli investitori si orientano spesso verso prodotti che forniscono la garanzia del capitale: quelli forniti dagli intermediari finanziari hanno caricamenti e spese per i clienti spesso molto elevate. Non molti sanno che è possibile costruirsi da soli un prodotto a capitale garantito, che rispetti le esigenze d’ investimento personali! Il punto centrale della logica del capitale garantito sono i tassi d’ interesse e la durata dell’investimento, perché alla base di tutto ci sono i due concetti centrali della finanza:

    1. più alti sono i tassi d’ interesse, maggiore è il rendimento del denaro
    2. al crescere della durata si guadagna di più, perché il denaro “lavora” più a lungo

    Il denaro che otterremo tra molti anni può essere portato ad oggi, come per le cambiali che seguono la legge dello sconto (termine tecnico del portare ad oggi il denaro futuro). Si può tranquillamente rispondere alla domanda: “per avere 100 euro tra sette anni, sapendo che i tassi sono al 5%, quanto denaro devo investire?” Questa affermazione indica quanto denaro sia necessario investire oggi per ottenere alla scadenza l’importo desiderato. Le obbligazioni che permettono di ottenere solo i frutti a scadenza, senza pagare interessi durante la loro vita, sono chiamate zero coupon bond (zcb) e sono abbastanza diffuse sul mercato. Se ad esempio voglio avere 100€ a scadenza e i tassi di interesse sono al 5% dovrò investire in zero coupon bond 95.24€ (se la scadenza è fra 1 anno) 78.35€ (se la scadenza è fra 5 anni) 61.39€ (se la scadenza è fra 10 anni) 48.1€ (se la scadenza è fra 15 anni) e 23.21€ (se la scadenza è fra 30 anni)

    In effetti, costruendo un investimento a capitale garantito, si deve solo decidere come investire la parte residua dei 100 euro iniziali che non siano stati allocati nella zero coupon. Una soluzione ideale potrebbe essere quella di investire in opzioni in quanto, grazie l’effetto leva, riescono ad amplifica un eventuale rendimento. Se si ha un profilo d’ investimento meno aggressivo, gli Etf sono eccellenti strumenti per costruire un investimento a capitale garantito. Se, ad esempio ipotizziamo un investimento a 10 anni con tassi pari al 2.5% per quella scadenza, la quota da investire in zcb è pari a 78.12%, mentre il restante 21.88% sarà investito in ETF.

    Questa strategia di investimento consente di ottenere con poche operazioni un obiettivo di rendimento “monetario” minimo (non reale) in quanto la zcb prevede la restituzione a scadenza solo dell’importo nominale del prestito (non attualizzato al tasso di inflazione). E’ quindi una valida metodologia per chi intende fare investimenti con obiettivi chiari ed abbia poco tempo da dedicare al monitoraggio dei valori in quanto può essere necessaria solo un’operazione fino alla scadenza. A differenza di un prodotto a capitale garantito offerto da un qualsiasi intermediario finanziario, un investimento del genere costruito in maniera autonoma con gli ETF può essere smontato interamente o a pezzi (vendendo solo la zcb o gli asset attivi, ETF) per far fronte a qualsiasi necessità. Naturalmente solo alla scadenza si avrà la certezza del rendimento prestabilito all’inizio e , nel corso della durata del prestito, un temporaneo andamento avverso delle variabili finanziarie, (salgono i tassi facendo calare la zcb e al tempo stesso diminuisce il valore dell’ETF) potrebbero comportare una liquidazione delle posizioni in perdita. La stessa conseguenza si avrebbe vendendo un’obbligazione strutturata, con il vantaggio che “facendola in casa” le commissioni sono di gran lunga inferiori e si possono scindere le due componenti ed, eventualmente, liquidarne solo una, in base alle specifiche esigenze.

  • La costruzione di un Piano di accumulo (Pac) è una soluzione di investimento indirizzata a coloro che, non disponendo di ingenti capitali, vogliono comunque effettuare investimenti a rendimenti elevati senza correre altissimi rischi. Un PAC permette di creare un capitale crescente senza impegnativi esborsi: con piccole rate periodiche (che difficilmente troverebbero altro impiego) è possibile programmare grandi spese per il futuro. Consentono, quindi, di frazionare il rischio non solo attraverso la diversificazione geografica o settoriale (fornita dagli ETF) , ma anche nel tempo, cioè attraverso la diversificazione dell’investimento in più periodi. Un aspetto molto importante per chi è orientato verso il settore azionario, è il timing: acquistando titoli si possono avere risultati molto diversi a seconda del momento in cui l’operazione viene effettuata; costruendo un PAC, invece, la variabile “tempo” acquisisce un valore molto meno significativo.
    Un PAC può avere una durata variabile dai cinque ai venti-trenta anni e la possibilità di sospendere i versamenti in ogni momento lo rende estremamente flessibile ed adattabile alle più diverse esigenze dell’investitore.I vantaggi del PAC sono diversi: anzitutto in termini di diversificazione del rischio nel tempo e negli asset. Inoltre è una modalità di investimento adatta per ogni classe di età, soprattutto per i giovani che hanno poche possibilità di mettere da parte importi più consistenti, ma anche per le famiglie, nelle quali i genitori vogliono iniziare la formazione di un patrimonio per i loro figli, oppure come ulteriore forma di previdenza. Un Pac offre la possibilità di mediare le punte delle oscillazioni borsistiche e garantire rendimenti equilibrati nel tempo, attraverso una sottoscrizione graduale e costante negli anni. Uno dei punti di forza di questo strumento è la flessibilità essendo adattabile alle diverse esigenze degli investitori. E’ possibile decidere durante il corso del piano di aumentare/diminuire il valore dei versamenti, oppure di sospendere il piano per riprenderlo in un secondo momento (o mai più)La necessità di “obbligarsi” a risparmiare ha fatto la fortuna dei PAC proposti dalle società assicurative e finanziarie: questi sono investimenti in linea di principio validi, ma spesso gravati di costi eccessivi. Il PAC deve essere visto come un salvadanaio per un bambino che, dopo aver accumulato i primi risparmi, non sa dove nasconderli e allora decide di comprare un porcellino di coccio. Il salvadanaio ha indubbiamente un costo (e comporta l’investimento di tutti i primi risparmi) tuttavia il costo della “porcellino” da riempire di denaro non può intaccare troppo i propri risparmi (cosa che succede per la maggior parte dei Pac offerti dagli intermediari finanziari). I pac offerti dalle banche spesso prevedono commissioni di sottoscrizione all’atto del primo versamento (che è di solito il più consistente) o una commissione molto alta, sul primo versamento, sterilizzando l’effetto della capitalizzazione composta. Inoltre, se il sottoscrittore decide di riscattare in anticipo, spesso, si perde una bella fetta del proprio capitale, per via delle spese già pagate. Infine spesso questi investimenti sono molto appesantiti da altri costi: ci possono essere i cosiddetti diritti fissi, di solito imposti su ogni versamento che, anche se sono cifre minime si fanno sentire se le rate previste sono numerose, frequenti e di importo non elevato.Con gli ETF si può tranquillamente risparmiare sui “costi del salvadanaio”, che in molti casi sono eccessivi, costruendo in maniera autonoma un PAC: l ‘unico obbligo è di perseverare con disciplina, senza interrompere i versamenti, in quanto nessuno ci “obbliga”. Gli ETF, essendo quotati sul mercato come un qualsiasi titolo azionario, permettono all’investitore di acquistare un intero paniere di riferimento come se si trattasse di una semplice azione, frazionando conseguentemente il rischio nel tempo. Un Pac costruito con gli ETF presenta diversi vantaggi, che possiamo così sintetizzare:1. offre la massima flessibilità in quanto, senza alcun tipo di penalizzazione consente in ogni momento all’investitore di modificare l’importo, la periodicità dei versamenti e la durata dello stesso piano
    2. Si può sospendere il PAC (senza limiti al numero di mesi di sospensione) o, se si ritiene opportuno, interromperlo definitivamente e senza alcun tipo di penalizzazione.
    3. Non vengono applicate commissioni di entrata e/o uscita e di performance, ma prevedono solamente delle commissioni totali annue molto contenute
    4.E ’ assente qualsiasi “diritto fisso”, mentre sono a carico dell’investitore le sole commissioni di negoziazione di borsa (pari a quelle per il mercato azionario)E’ possibile utilizzare un Pac in Etf anche per costruire autonomamente una pensione integrativa. La necessità di garantirsi una fonte di reddito durante la fase pensionistica è un problema che riguarda tutti i cittadini Italiani: il sistema a ripartizione è stato messo in crisi con l’inversione del trend demografico creando grossi buchi nei bilanci dei sistemi previdenziali. Sono ormai indispensabili forme di contribuzione privata delegate alla responsabilità del singolo individuo (“terzo pilastro”). Esistono vari metodi per costruirsi “in casa” una pensione, il vero ostacolo è la mancanza di disciplina che rende difficile pensare ad un risparmio che darà i propri frutti in un periodo molto lontano nel tempo. Il punto centrale della famosa teoria del ciclo di vita di Modigliani è che bisogna creare risorse durante la vita lavorativa da spendere durante quella pensionistica e per ripagare “i debiti” assunti nella prima parte dell’esistenza. Un PAC consente di puntare al lungo termine, cercando di approfittare dei rendimenti elevati che hanno saputo ottenere coloro che sono entrati e usci di continuo dai mercati azionari.

    Da un’ analisi empirica si è potuto osservare come le azioni premino nel lungo periodo. Non esiste una durata ottimale degli investimenti azionari, ma la teoria della finanza e l’esperienza insegnano che, storicamente, per periodi superiori ai dieci anni le azioni hanno garantito ottime soddisfazioni. Il problema della volatilità è, quindi, in gran parte risolto impostando investimenti di lungo termine e magari con il passare degli anni appesantire la componente obbligazionaria, in quanto l’individuo diventa gradualmente più avverso al rischio. Il modificarsi della propensione al rischio può essere facilmente risolto, diventando sempre più prudenti, al trascorrere del tempo e incrementando la percentuale relativa di obbligazioni, orientandosi anche verso i titoli legati all’inflazione. Investire ogni anno con gradualità e costanza (magari incrementando il versamento in linea con il tasso di inflazione in modo da garantire la capacità di spesa reale) permette di limitare l’impatto della volatilità e del rischio. Il concetto della media fa sì che, suddividendo le entrate nel tempo, non si otterranno mai i valori minimi ma neanche quelli massimi.

    Sulla meccanica di costruzione del Pac è necessario adottare una scelta metodica d’ investimento e di avvicinamento graduale al mercato, ad esempio entrando due volte all’anno a date prestabilite. In ottica di diversificazione, l’ETF ideale è un indice azionario mondiale molto diversificato, come il Global Titans 50 o l’MSCI World. Inoltre, non si possono trascurare i costi che nel lungo periodo hanno un “effetto devastante” sul valore del patrimonio finale. Basti pensare che un piano pensione che prevede l’investimento di 1000 euro per ogni anno nell’indice Dow Jones Industrial (con importi versati incrementati del 3% all’anno): se il costo annuo fosse dell’ 1%, il valore finale dell’investimento sarebbe pari a 199.152€; se invece costi fossero pari al 2.5% l’anno (in sostanza l’1.5% in più), il valore finale a scadenza si ridurrebbe da 199.152€ a 152.296€. L’effetto dei costi è quantificato in 46.856 euro! Per rendere l’esempio semplice si evitano considerazioni fiscali, ma in sostanza si percepisce l’impatto devastante dei costi nel lungo periodo.

    Infine possiamo brevemente sintetizzare i vantaggi che si hanno costruendo una pensione integrativa con gli Etf in maniera autonoma:

    1. Scegliere in maniera autonoma e consapevole a quali fattori di rischio esporre il “terzo pilastro della propria pensione”
    2. Ridurre l’esposizione al rischio nella parte finale dell’accumulo sulla base delle proprie esigenze
    3. Avere un vantaggio significativo in termini di costi
    4. Avere massima flessibilità e sicurezza (i fondi pensione aziendali di categoria possono essere insolventi)
    5. I vantaggi fiscali delle polizze (punto centrale all’ interno delle campagne pubblicitarie relative alle polizze) sono attualmente presenti, ma questi devono essere accuratamente ponderati con i costi ed i vincoli imposti dai prodotti, attualmente venduti sul mercato.

  • I bassi costi di accesso alle transazioni online consentono di costruirsi autonomamente un proprio portafoglio diversificato, potendo scegliere facilmente migliaia di titoli e usando strumenti finanziari, fino a pochi anni fa, di esclusivo appannaggio degli investitori istituzionali. Costruire un proprio portafoglio o “fondo d’ investimento personale” richiede una strategia d’investimento coerente con gli obiettivi che da questo si vogliono raggiungere. Per l’investitore l’alternativa più ovvia sarebbe quella di acquistare in paniere di titoli (azioni, obbligazioni ecc). I vantaggi di questa strategia sono la diversificazione dell’investimento che riduce il rischio relativo. Al contempo però, bisogna tener presente che possedere un portafoglio composto da decine di azioni/obbligazioni, oltre ai costi fissi spesso elevati, comporta la difficoltà di non avere il tempo sufficiente per gestirlo e manutenerlo.La soluzione ideale è quella di ricorrere agli ETF per la costruzione di un portafoglio ben diversificato con i seguenti vantaggi:1. Si evita di impiegare tempo nella scelta e nel monitoraggio di singoli titoli/obbligazioni
    2. Si ha la certezza di replicare l’indice di riferimento
    3. S’ investe in uno strumento trasparente e liquido
    4. Si diversifica il proprio capitale a costi bassissimi
    5. Non è necessario cambiare intermediario finanziario o aprire un conto specifico, riducendo conseguentemente i costi relativiNon esiste un piano di investimento adatto a tutti gli investitori, poiché ciascuno ha un differente orizzonte temporale, un proprio obiettivo di rendimento e una diversa propensione o avversione al rischio: tutte variabili che inevitabilmente vanno a incidere sul rendimento finale. E’ necessario “cucire su misura” ogni piano d’investimento sulle caratteristiche proprie di ogni singolo investitore,e per raggiungere tale obiettivo è necessaria un’opportuna diversificazione del proprio portafoglio. La diversificazione rappresenta una scelta obbligata per chiunque desideri costruirsi in proprio un portafoglio titoli, in maniera professionale. La costruzione di un portafoglio personale richiede la conoscenza dei seguenti elementi:1.Obiettivo;
    2.Rendimento-rischio
    3.Diversificazione.Avere preventivamente ben chiaro l’obiettivo del proprio investimento è la “conditio sine qua non” per raggiungere il successo. Bisogna costruire portafogli ben diversi se l’obiettivo è la crescita del capitale o l’ottenimento di una rendita periodica o la protezione del capitale investito ecc. Una volta definito l’obiettivo bisognerà definire l’orizzonte temporale, fissando il periodo di tempo massimo entro il quale si prevede la realizzazione tenendo sempre presente che il principio base che regola ogni investimento si basa sul rapporto rendimento/rischio; la logica vuole che a parità di rischio si sceglierà l’attività con le migliori prospettive di guadagno, mentre a parità di possibile rendimento si indirizzerà l’investimento verso quelle attività con un livello di rischio più contenuto. La scelta del livello di rischio dipende dalla propensione personale di ciascun investitore. A fronte della possibilità di ottenere dei profitti si contrappone l’eventualità di conseguire delle perdite: non si può elevare il potenziale rendimento senza elevare parallelamente anche il livello di rischio. Il rischio complessivo di un investimento in ETF può essere suddiviso in sette componenti: rischio Inflazione, rischio paese, rischio di durata, rischio emittente, rischio di cambio, rischio di liquidità, rischio volatilità

    Il cardine su cui si fonda tutta la teoria della diversificazione, è che studiare solo il rendimento di un’attività finanziaria sia incompleto, in quanto si trascura il lato del rischio. Il rendimento complessivo del portafoglio è uguale alla media ponderata dei rendimenti delle singole attività: nel caso di un portafoglio composto in parti uguali da un titolo con rendimento atteso pari al 10% e da un titolo con rendimento del 20%, il rendimento atteso del portafoglio sarà pari al 15%. La volatilità del portafoglio, invece, non è pari alla volatilità media delle singole attività; il valore finale è invece funzione del legame tra le attività e diventa cruciale capire se queste si muovono nella stessa direzione, oppure in modo disomogeneo. Infatti, un portafoglio composto in parti uguali da due titoli con volatilità rispettivamente pari al 10% e al 20%, la volatilità complessiva del portafoglio sarà generalmente inferiore alla loro media, ossia al 15%. L’indicatore statistico utilizzato per descrivere il legame tra le grandezze è definito indice di correlazione. L’elevata correlazione fa sì che combinazioni di A e B non permettano di ridurre in modo significativo la volatilità, a parità di rischio. Quindi, l’effetto finale sul portafoglio dipende dal numero degli asset e dalla relazione che li lega. Il rischio di un portafoglio può essere scisso nelle due componenti: rischio del titolo e rischio determinato dal legame con gli altri titoli nel portafoglio. E’ quindi necessario utilizzare la funzione di utilità dell’investitore che assegna un valore, in base alle preferenze di rischio e rendimento di ognuno, creando un ordinamento delle varie combinazioni di rischio e rendimento, ossia dei possibili portafogli costruibili. Ogni investitore ha un suo mix ideale di rischio di policy (scelte strategiche di investimento) e di rischio attivo (quale discrezionalità concedere al gestore) e non esiste una soluzione unica per tutti.

    Da quanto detto dovrebbe risultar chiaro che più un portafoglio risulta diversificato, minore sarà l’impatto negativo (positivo) che subirà in caso di una possibile discesa (salita) dei mercati finanziari; di conseguenza, minore risulterà anche la volatilità e il suo rischio relativo. Con l’utilizzo degli ETF si è certi di replicare l’indice di riferimento e si ha la sicurezza di investire in uno strumento trasparente, ottenendo di conseguenza anche il vantaggio della diversificazione del proprio capitale. La diversificazione può essere settoriale quando, un investitore non sa in quale specifico titolo investire, ma è convinto della bontà di un settore. In questo caso può investire in un ETF settoriale che permette di ottenere un investimento diversificato, riducendone la volatilità. Tale strategia operativa si addice soprattutto agli investimenti in settori molto volatili quali: biotecnologico, semiconduttori e alta tecnologia in cui risulta molto difficile individuare i titoli con migliori prospettive. Qualora l’obiettivo fosse una diversificazione geografica è possibile utilizzare gli ETF per assumere velocemente una posizione attiva su un paese che si presume offrirà un rendimento superiore rispetto al mercato. Questa logica di trading fa sì che gli ETF rappresentino uno strumento molto efficace per l’implementazione di una strategia di asset allocation tattica. Se invece, si vuole effettuare una diversificazione secondo uno stile gestionale, è possibile utilizzare ETF basati su indici smali cap, large cap, value e growth puntando così su un certo stile gestionale sulla base delle proprie previsioni.

Nel processo di costruzione di un portafoglio di ETF risulta fondamentale la fase di asset allocation: i famosi studi di Brinson hanno evidenziato come, nei portafogli, la forte determinante di reddito è l’asset allocation strategica (dove si è deciso di investire) mentre, un ruolo marginale sarebbe attribuibile allo stock picking e alla asset allocation tattica. Brinson asseriva che il 90% della performance viene costruita grazie all’asset allocation strategica e il 10% le componenti attive o tattiche. L’asset allocation è la fase in cui l’investitore deve scegliere quale sia il rischio e, soprattutto, quali siano i fattori di rischio ai quali esporsi (azionario, obbligazionario, immobiliare, ecc.), conscio del fatto che la sola definizione di azionario è molto generica, in quanto al suo interno ricadono sia dimensioni geografiche, sia dimensioni di tipo settoriale. Molto spesso solo una frazione marginale del tempo è dedicata alla scelta del rischio effettivo al quale esporsi ed, infatti, nell’”industria del risparmio gestito” gli investitori sono sostanzialmente divisi in poche macro categorie generalizzate che si ritrovano in modo più o meno esplicito, all’interno di tutte le gestioni di capitali. Le 2 domande chiave per chi deve effettuare l’asset allocation:

1. Quali sono i pesi ottimali da assegnare alle varie classi di investimento?
2. Qual è l’importanza da assegnare ai vari mercati azionari mondiali?

Ognuno avrà delle necessità diverse e non è possibile generalizzare, anche se si riesce a suddividere gli investitori in alcune macro classi, in quanto esistono caratteristiche comuni. E’ fondamentale individuare in primis quali siano le reali esigenze per poter, successivamente, costruire al meglio l’asset allocation, magari con pochi strumenti facilmente comprensibili. Gli ETF creano le basi affinché l’investitore dedichi maggior tempo alla ricerca e alla definizione del proprio profilo di rischio

Avendo deciso a monte l’asset allocation e scelto gli indici attraverso quali implementarla, il passo finale si attiva scegliendo gli ETF che dovranno comporre il portafoglio. Non tutti gli indici di mercato sono attribuiti, in una sorta di regime monopolistico, ad una singola società di gestione, spesso si può osservare una grande varietà di ETF basati tutti sullo stesso indice di mercato Per scegliere l’Etf migliore è opportuno privilegiare:

1. quello armonizzato, piuttosto che non armonizzato in quanti i primi, godono di benefici fiscali
2. quello in cui costi sono più bassi: in particolare bisogna analizzare le commissioni annuali di gestione e lo spread denaro-lettera. Tra le due forme di costo, un investitore di medio-lungo periodo che persegua una strategia buy & hold deve dare maggiore risalto ai costi di gestione, in quanto anche una differenza di pochi basis point può comportare un risparmio importante nel lungo periodo. Un investitore di breve, deve valutare con più attenzione il livello dello spread denaro-lettera, in quanto sarà costretto ad entrare ed uscire dal mercato con grande frequenza

Si possono identificare diversi modelli di portafogli, ciascuno dei quali possiede un diverso profilo di rischio, rappresentato dai diversi pesi percentuali degli Etf inclusi. Proponiamo di seguito una serie di “portafogli tipo” utili per chiarire come si costruisce un investimento a indice. Le possibili combinazioni sono infinite: è possibile creare linee azionarie, obbligazionarie, bilanciate ecc…

PORTAFOGLIO PRUDENTE

ETF
ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
Lyxor Etf Euromts Global
FR0010028860
Milano
40%
0,165%
Lyxor Etf Euromts 1-3y FR0010222224 Milano 30% 0,165%
Lyxor Etf Euromts 3-5y FR0010037234 Milano 30% 0.165%
Portafoglio 0,165%

PORTAFOGLIO BILANCIATO EURO 

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
SPDR Europe 350
IE0031091428
Milano
40%
0,35%
EuroMTS Globale MU FR0010028860 Milano 60% 0,165%
Portafoglio 0,24%

PORTAFOGLIO BILANCIATO ITALIA 

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
S&P/MIB MU FR0010010827
Milano
40%
0,35%
EuroMTS Globale MU FR0010028860 Milano 60% 0,165%
Portafoglio 0,24%

PORTAFOGLIO BILANCIATO GLOBALE 

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
DJ Global Titans 50 MU FR0007075494
Milano
40%
0,2%
Ishares $ Corporate Bond IE0032895942 Milano 30% 0,15%
EuroMTS Globale MU FR0010028860 Milano 30% 0.165%
Portafoglio 0,17%

PORTAFOGLIO AZIONARIO USA

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
Dow Jones Avg. MU FR0007056841 Milano 40% 0,5%
iShares S&P500 IE0031442068 Milano 40% 0,4%
Nasdaq100 EQQQ IE0032077012 Milano 20% 0.2%
Portafoglio 0,4%

PORTAFOGLIO MERCATO EMERGENTI 

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
Ishares Msci Emerging Markets IE00B0M63177 Milano 70% 0,75%
Ishares Msci Ac Far East Ex-Japan IE00B0M63730 Milano 30% 0,74%
Portafoglio 0,75%

PORTAFOGLIO AZIONARIO USA 

ETF ISIN
MERCATO
PESO
COSTI
Ishares Nasdaq Biotechnology US4642875565 Amex 30% 0,5%
iShares S&P Global Energy Sector US4642873412 Amex 30% 0,65%
DJ Glibal Titans 50 MU FR0007075494 Milano 40% 0.4%
Portafoglio 0,51%
  • A
    AMEX (AMERICAN STOCK EXCHANGE)
    L’American Stock Exchange è una borsa valori localizzata a New York.
    L’AMEX si contraddistingue inoltre per una forte attività su ETF.
    www.amex.comANALISI DEGLI SCENARI
    Metodo di analisi e previsione economica a medio e lungo periodo, qualitativa e quantitativa, che consiste nell’ipotizzare una serie di possibili alternative future per un gruppo di variabili economiche o finanziarie, attribuire una probabilità a ciascuna di esse e infine trarre conclusioni previsive dall’insieme delle informazioni raccolte.ASSET
    sottostante di una certa attività. Può essere costituito da titoli, indici di Borsa, materie prime, valute; nel caso di ETF è da intendersi come il patrimonio.ASSET ALLOCATION
    Processo in cui si definisce la filosofia a cui riferirsi nella scelta di investimento al fine di soddisfare al meglio i propri obbiettivi. Scelto il benchmark cui parametrarsi, si selezionano gli strumenti finanziari (strumenti del mercato monetario, titoli di stato, obbligazioni, azioni ecc) e i singoli titoli con cui concretizzare la scelta di investimento. Il punto di approdo è la ripartizione del proprio patrimonio in un determinato numero di ETF.ASSET CLASS
    tipologia del sottostante, che può essere di natura azionaria, obbligazionaria, monetaria, immobiliare, etc..

    AUTHORISED PARTICIPANTS (AP):
    soggetti istituzionali ammessi al mercato primario degli etf. Favoriscono una maggiore liquidità del mercato e garantiscono, con la loro attività, la replica dell’indice di mercato sottostante

     

    B
    BENCHMARK
    rappresenta un indice di riferimento. La sua funzione è duplice: in fase di scelta di un Etf serve a verificare dove questo investe; se ad esempio il benchmark di un ETF è l’indice S&P/Mib, significa che quel fondo investe sulle società italiane a più alta capitalizzazione. In fase di valutazione di un fondo a gestione attiva il benchmark rappresenta un parametro di riferimento per valutare l’operato del gestore: se il fondo ha dato una performance superiore al benchmark vuol dire che il gestore ha fatto un buon lavoro. Da regolamento Consob è previsto l’obbligo, per le società di gestione, di dichiarare il benchmark di ogni fondo e di riportarlo all’interno del prospetto informativo

    BETA
    Coefficiente che rappresenta il legame esistente tra i rendimenti ottenibili dal titolo in oggetto e quelli che derivano dal mercato. Se Beta risulta maggiore di 1 amplifica i movimenti del mercato (titolo aggressivo), li attenua se è minore di 1 (titolo difensivo).

    BOOK DI NEGOZIAZIONE
    è una tabella che generalmente presenta le ultime cinque offerte in acquisto e in vendita di un titolo, ed i rispettivi volumi

    BORSA ITALIANA SPA
    Società privata responsabile dell’organizzazione e della gestione della borsa valori italiana

    BOTTOM UP
    Stile di gestione specializzato nella selezione di titoli di aziende prescelte indipendentemente dal settore di appartenenza, ma solo sulla base dei dati di bilancio. Si contrappone a top down

    BROKER
    E’ l’intermediario finanziario che permette di negoziare titoli e prodotti finanziari in generale

     

    C
    CAC 40
    Il CAC 40 è un indice calcolato sui 40 titoli, industriali, commerciali o finanziari, con maggiore capitalizzazione quotati alla Borsa di Parigi. Esso rappresenta l’82% del controvalore azionario scambiato sul mercato francese.
    Per maggiori informazioni: www.bourse-de-paris.fr

    CAPITAL GAIN – CAPITAL LOSS
    Termini inglesi che indicano la differenza tra il valore di un ETF al momento dell’acquisto e il valore alla vendita. Capital gain si riferisce ad un guadagno o plusvalenza, capital loss ad una perdita o minusvalenza

    CLASSE 1
    Sezione del mercato MTF. A questo gruppo appartengono gli ETFs e i Fondi Aperti Indicizzati. Tali strumenti godono di una negoziazione continua dalle 9,30 alle17,25

    CLASSE 2
    Sezione del mercato MTF. A questo gruppo appartengono i Fondi Chiusi Mobiliari e Immobiliari. Per la negoziazione di tali strumenti sono previste un’asta si apertura (dalle 8,00 alle 10,45 c’è una fase di pre – asta, seguita da cinque minuti di validazione e dalla fase di apertura che va dalle 10,50 alle 11,00) e un’asta di chiusura (dalle 11,00 alle 16,35 c’è una fase di pre – asta, seguita da una fase di validazione e di chiusura dalle 16,35 alle 16,40)

    COMMISSIONE DI ENTRATA
    Costi che l’investitore deve sostenere al momento dell’acquisto di un fondo comune di investimento. Non sempre è previsto. Il loro importo è variabile. Per gli ETF non esistono commissioni di entrata

    COMMISSIONI DI GESTIONE
    Costo che l’investitore deve corrispondere alla Società di gestione in relazione alla sua attività di amministrazione del fondo. Tale valore è già compreso nel prezzo di mercato dell’ETF, e generalmente comunque è molto contenuto, soprattutto rispetto al costo di gestione di un normale fondo comune di investimento

    COMMISSIONI D’INTERMEDIAZIONI
    Il costo che viene pagato dall’investitore all’intermediario per acquistare o vendere uno strumento (un’azione, un ETF, etc…..). L’importo è generalmente prestabilito

    COMMISSIONI DI PERFORMANCE
    sono sostenuti dai sottoscrittori di prodotti di investimento a gestione attiva, qualora le performance conseguite siano, durante un periodo predefinito, superiori a determinati benchmark. Sono tipologie di costi non presenti negli ETF

    COMMISSIONE DI SOTTOSCRIZIONE
    Commissione pagata dall’aderente a un fondo al momento della sottoscrizione e in occasione dei versamenti successivi. Questa commissione varia da fondo a fondo e solitamente è più elevata per i fondi azionari. Generalmente, la commissione di ingresso rappresenta il maggior costo a carico del sottoscrittore ed è una tantum.

    COMMISSIONE DI SWITCH
    Commissione pagata dal partecipante a un fondo quando decide di cambiare tipo di fondo fra quelli proposti dalla medesima società di gestione

    COMMISSIONE DI USCITA
    Commissione pagata dal sottoscrittore del fondo al momento del disinvestimento dal fondo e sulla somma disinvestita. Può essere fissa o variabile, ma non è prevista da tutti i fondi

    CONSOB
    Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. E’ l’organismo preposto alla vigilanza sul funzionamento dei mercati e sui comportamenti degli intermediari finanziari. Obbliga tutte le società che rivolgono la loro attività verso il pubblico ad osservare una serie di regole di trasparenza

    CONTROVALORE
    Valore uguale al volume scambiato su un mercato moltiplicato per i prezzi ai quali sono avvenuti tali scambi

     

    D
    DENARO
    Prezzo al quale un operatore è disposto a comprare un determinato quantitativo di titoli o contratti

    DEVIAZIONE STANDARD
    indicatore statistico che misura la variazione dei rendimenti di uno strumento finanziario, quanto, cioè, in un determinato periodo di tempo (giornaliero, mensile, etc.) il prezzo possa variare in termini di punti percentuali.

    DIAMONDS
    Diamonds Trust Series I; sono degli ETF che replicano l’indice Dow Jones Industrial Average

    DIVERSIFICAZIONE
    processo finalizzato alla riduzione del rischio conseguita attraverso la ripartizione dei propri investimenti tra molteplici categorie di investimento, che si ritiene possano reagire in modo difforme al cambiamento del contesto di mercato. La finalità del procedimento è contenere le oscillazioni del portafoglio investito.

    DIVIDENDO
    Importo distributio dalla società agli azionisti, alla fine di un esercizio contabile, a titolo di remunerazione del capitale investito. Mlti Etf distribuiscono un dividendo ai propri sottoscrittori

    DOW JONES
    Il Dow Jones Industrial Average è composto dalle 30 società americane con maggiore capitalizzazione.
    Per maggiori informazioni: www.dowjones.com

     

    E
    EMITTENTI
    Sono i soggetti italiani ed esteri che emettono strumenti finanziari.

    ETF
    gli Exchange Traded Funds (letteralmente dall’inglese fondi quotati sul mercato) rappresentano una tipologia particolare di fondi comuni aperti o Siav di tipo indicizzato, a gestione passiva

    EURO STOXX 50
    Il Dow Jones Euro Stoxx 50 è un indice che ricomprende le 50 società europee più capitalizzate. Esso offre una buona idea dell’andamento dei mercati della zona euro. Per maggiori informazioni consultare: www.stoxx.com

     

    F
    FONDO (FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO MOBILIARE)
    Il fondo comune è un veicolo di investimento che mette assieme il denaro di più risparmiatori. Questa massa di risparmio forma una “cassa comune” che viene affidata in gestione ad un operatore specializzato, la Società di Gestione del Risparmio.

    FONDI APERTI
    E’ la struttura tipica dei Fondi Comuni, utilizzata anche dagli ETF. Questi prodotti si caratterizzano per la libertà di entrata (sottoscrizione delle quote) e di uscita (rimborso delle quote) in qualunque istante. Questa struttura permette ai Fondi di reinvestire immediatamente i dividendi. Il patrimonio varia continuamente per effetto dei riscatti, che provocano una diminuzione del patrimonio, e delle nuove sottoscrizioni, che ne determinano un aumento

    FONDI CHIUSI
    Sono una tipologia di Fondi Comuni, che si differenziano da quelli aperti perché l’ammontare del fondo è determinato al momento dell’istituzione del fondo stesso; la sottoscrizione del prodotto avviene quindi in un unico momento e i sottoscrittori non hanno il diritto di richiedere il rimborso delle quote se non alla data di scadenza del fondo o in casi eccezionali previsti dal regolamento

    FONDO AD ACCUMULAZIONE DI PROVENTI
    Fondo in cui le plusvalenze realizzate non vengono distribuite ai sottoscrittori, ma vanno ad aumentare il valore complessivo del fondo. Il sottoscrittore riceve una somma di denaro solo nel momento in cui vende le quote. Quando si parla genericamente di fondi comuni, si allude sempre a fondi che possiedono questa caratteristica

    FONDO A DISTRIBUZIONE DI PROVENTI
    Fondo in cui le plusvalenze eventualmente realizzate vengono (totalmente o parzialmente) distribuite ai sottoscrittori con cadenza periodica, di solito una volta all’anno. A ogni distribuzione dei proventi realizzati, il valore della quota del fondo diminuisce. Questa categoria di fondi rappresenta una minoranza

    FONDO DI GARANZIA
    Attraverso questo Fondo si può garantire il buon fine dei contratti di compravendita sugli ETFs, in caso di accertata insolvenza di uno degli operatori

    FONDO DI LIQUIDAZIONE
    Il Fondo di Garanzia non copre i contratti già liquidati per effetto dell’intervento dell’organismo di gestione del sistema di compensazione e garanzia attraverso il “Fondo di Liquidazione”

    FONDO / SICAV ARMONIZZATO
    Fondo e sicav di diritto estero autorizzato al collocamento in Italia. L’offerta deve avvenire tramite intermediari autorizzati in Italia e la Consob deve approvarne il prospetto informativo

     

    G
    GESTIONE ATTIVA
    Politica gestionale per la quale il money manager si pone l’obiettivo di fare meglio dell’andamento del mercato dove il fondo investe. Si tratta di una strategia finalizzata ad investire in attività finanziarie ritenute sottovalutate e viceversa vendere quelle sopravvalutate, sovrappesando oppure sottopesando l’esposizione rispetto ad un benchmark di riferimento.

    GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO
    Servizio che si realizza attraverso: promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti. La gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili.

    GESTIONE PASSIVA
    Politica gestionale per la quale il money manager si pone l’obiettivo di replicare l’andamento del benchmark prescelto e/o dell’indice di mercato ove il fondo investe. Parte dal presupposto dell’efficienza dei mercati finanziari, piuttosto che effettuare valutazioni di merito sui singoli titoli, persegue una strategia di replica di particolari indici di attività finanziarie. Gli ETF perseguono questa strategia.

    GESTORE
    Figura incaricata dalla società di gestione di seguire la gestione del portafoglio di un fondo comune di investimento, acquistando e vendendo valori mobiliari sulla base del regolamento del fondo stesso

    GROWTH
    Stile gestionale specializzato nella selezione di titoli di aziende in forte espansione con rendimenti attesi superiori alla media del mercato. Lo stile growth è orientato a valutare le potenzialità di crescita delle variabili reddituali dei titoli (fatturato, cah flow, utili ecc)

     

    H
    HEDGE FOUND
    sono i fondi di investimento non tradizionali detti anche alternative founds. Gli Hedge founds hanno una struttura giuridica molto specifica e utilizzano tecniche di gestione molto sofisticate. L’impiego di strumetni derivati rende il prodotto adatto solo ad investitori con altissima propensione al rischio

    HOLDRs
    gli HOLDRs sono sostanzialmente dei portafogli statici, composti generalmente da 20 titoli azionari appartenenti al medesimo settore di mercato e selezionati dall’emittente stesso (Merrill Lynch), scambiati in lotti minimi di 100 unità; non replicano, quiindi, alcun determinato indice di riferimento. I possessori di quote di HOLDRs hanno i medesimi diritti di un azionista e la possibilità di liquidare separatamente ed in tempi diversi i titoli contenuti nel portafoglio

     

    I
    iNAV:
    l’intraday NAV è il NAV calcolato in real time. Permette di conoscere il valore teorico dell’etf in ogni istante della seduta di mercato.

    INFLAZIONE (TITOLI DI STATO LEGATI ALL’)
    Un Titolo di Stato indicizzato all’inflazioneè un’obbligazione che fornisce all’investitore una protezione contro l’aumento del livello dei prezzi in quanto sia il capitale rimborsato sia le cedole pagate periodicamentesono rivalutati sulla base dell’inflazione. Alla scadenza del Titolo di Stato è pertanto riconosciuto al detentore non solo la restituzione del valore nominale dello strumento, ma anche il recupero della perdita del potere di acquisto realizzatasi nel corso della vita dell’obbligazione.

    ISHARE
    Un gruppo di ETF emessi da Barclays Global Investors

     

    L
    LARGE CAP
    Stile gestionale specializzato nella selezione di titoli di società ad ampia capitalizzazione

     

    M
    MANAGEMENT FEE
    è la commissione retrocessa alla società di gestione. Costituisce una voce importante all’interno del TER.

    MARKET MARKER (MM)
    si tratta del soggetto istituzionale incaricato di offrire un livello di liquidità adeguata ossia la sua quotazione continua in denaro e in lettera sul book di un ETF.

    MARKET RETURN
    E’ quanto ritorna dall’operazione su un ETF. Questo importo può essere differente dall’ETF NAV Return. Il Market Return infatti può essere utilizzato per calcolare il guadagno dei piccoli investitori ma non di chi possiede “creation units”

    MTF (MERCATO TELEMATICO DEI FONDI)
    già in funzione dallo scorso luglio ma con la solo quotazione dei Fondi Chiusi. Dal 30 settembre 2004 si possono negoziare anche gli ETF. Le modalità di negoziazione sono praticamente identiche a quelle previste per le azioni. Per maggiori informazioni www.borsaitalia.it

     

    N
    NAV (NET ASSET VALUE)
    Net Asset Value, ossia il valore patrimoniale di una quota dell’etf al netto dei costi. E’ valorizzato su base giornaliera e riferito alla chiusura della seduta di borsa precedente. Viene anche calcolato in real time durante le sedute di mercato (iNAV).

    NAV RETURN
    E’ quanto ritorna dall’operazione su un ETF. Questo importo può essere diverso dall’ETF market return. Il NAV Return infatti può essere utilizzato per calcolare il guadagno di chi possiede “creation units”, ma non per i piccoli investitori

     

    O
    OICR
    Acronimo di Organismi di Investimento Comune del Risparmio. Fondi comuni di investimento e Sicav.

    OICVM
    Organismo d’Investimento Collettivo in Valori Mobiliari

     

    P
    PAC
    Acronimo di Piani di Accumulo di Capitale. I Pac rconsentono l’acquisto di quote di un fondo tramite versamenti periodici successivi. Si possono versare nel fondo comune importi fissi o variabili, a cadenza mensile, trimestrale, quadrimestrale e così via, per un arco temporale di cinque, dieci o quindici anni. La valenza di questo strumento è riconducibile in primo luogo ai vantaggi derivanti da un “risparmio forzoso”; in secondo luogo alla possibilità di investire da subito senza attendere di avere a disposizione cifre elevate. Infine esiste anche una valenza prettamente finanziaria: la possibilità di mediare costantemente il prezzi di acquisto riducendo così il rischio di comprare sui massimi.

    PATRIMONIO GESTITO
    Il patrimonio gestito di un fondo corrisponde al valore totale delle quote sottoscritte dagli investitori.

    PERFORMANCE
    Indica l’andamento di un qualsiasi prodotto. La performance è misurata dall’incremento del valore della quota nel periodo di riferimento; l’orizzonte temporale utilizzato per il calcolo della performance di un fondo è in genere costituito dagli ultimi 12/36/60 mesi.

    PIC
    Acronimo di Programma di Investimento del Capitale. E’ l’investimento in fondi comuni in un’unica soluzione. Il capitale da destinare ai fondi viene investito tutto in una volta. La quota acquistata nei vari fondi avrà quindi un unico prezzo. Hanno commissioni inferiori ai Pac e sempre più spesso ne sono esenti

    PREMIO SUL NAV
    Il prezzo degli ETF si forma sul mercato, in base all’incrocio della domanda e dell’offerta; questo in alcuni casi comporta che lo strumento quoti a premio rispetto al NAV

    PREMIUNM/DISCOUNT
    Un ETF quota a premio (premium) quando il prezzo di riferimento è superiore al valore del suo NAV; quota a sconto (discount) quando il prezzo di riferimento è inferiore al valore del suo NAV.

    PREZZO DI RIFERIMENTO
    Il prezzo di riferimento è dato dalla media ponderata dell’ultimo 10% delle quote negoziate, con l’esclusione dei contratti conclusi su due ordini di segno opposto e di pari quantità provenienti da uno stesso operatore; è utilizzato come paramentro all’avvvio delle negoziazioni della seduta successiva

    PROSPETTO INFORMATIVO
    Documento che deve essere redatto e pubblicato secondo le disposizioni di carettere generale determinate dalla Consob in occasione di Opvs, vendita di quote di fondi comuni di investimento o di azioni o Sicav e offerti al pubblico delle gestioni patrimoniali. Il propspetto informativo deve contenere informazioni circa l’organizzazione, la situazione economica e finanziaria e l’evoluzione dell’attività delle società emittenti o di chi propone l’investimento

     

    Q
    QUARTILI
    L’analisi per quartili consiste nel classificare tutti i fondi appartenenti ad una stessa categoria sulla base del rendimento annuo e nel suddividerli successivamente in 4 gruppi. Ogni gruppo, quartile, è formato dal 25% dei fondi tra tutti quelli disponibili nella categoria. Nel primo quartile sono raggruppati i fondi migliori, nell’ultimo quartile, ultimo 25% i fondi che hanno ottenuto i peggiori rendimenti annuo.

    QUBES (QQQ)
    E’ un ETF legato all’indice Nasdaq 100; fa parte degli ETFs più scambiati sul mercato americano

    QUOTA
    Unità di misura di un fondo di investimento. Rappresenta la “quota parte” in cui è suddiviso il patrimonio del fondo. Quando si sottoscrive un fondo si acquista un certo numero di quote ad un determinato prezzo, divenendo possessori di quote. Facendone richiesta, le quote possono anche essere nominative, in alternativa possono essere rappresentate da un certificato al portatore; di solito sono depositate presso la banca depositaria in un certificato cumulativo.

     

    S
    SCONTO RISPETTO AL NAV
    Il prezzo degli ETFs si forma sul mercato, in base all’incrocio della domanda e dell’offerta; questo in alcuni casi comporta che lo strumento quoti a sconto rispetto al NAV

    SHARE
    termine anglosassone che indica una porzione, una quota (di mercato).

    SHORT SELLING
    L’ETF può anche essere venduto allo scoperto – intraday o multiday – se questo servizio è offerto dal proprio intermediario. In questo modo l’investitore può assumere una posizione ribassista

    SPECIALIST
    E’ il market maker ufficiale, ovvero colui che deve sempre garantire una quotazione

    SPESE DI GESTIONE
    Esistono dei costi annui legati agli ETF; generalmente sono espressi in percentuale. Nell’importo non sono comprese le spese che l’investitore deve sostenere quando acquista o vende un ETF

    SPIDERS(SPDRs O STANDARD & POORS’’ DEPOSITORY RECEIPTS)
    Un gruppo di ETFs che replica diversi indici dello Standard & Poor

    SPREAD
    In un sistema di negoziazione che vede i prezzi espressi sia in acquisto che in vendita (denaro lettera), lo spread indica l’ampiezza del divario esistente tra prezzo denaro e prezzo lettera

    STREERTRACKS
    Un gruppo di ETF emessi da State Street Global Advisors. Questi strumenti replicano diversi indici e sotto – indici. Sono scambiati sulla Borsa Americana

     

    T
    TER
    Total Expense Ratio il costo complessivo annuale dell’ETF, espresso come percentuale sul patrimonio gestito.

    TOP DOWN
    Politica di gestione specializzata nella selezione di titoli di società prescelte in base ad una analisi settoriale, dopo considerazioni di carattere macro economico, compiendo un processo di selezione progressiva. Si contrappone a bottom up.

    TRACKING ERROR
    la differenza tra il prezzo dell’ETF e quello del benchmark.

    TURNOVER
    la traduzione letteraria dall’inglese è rotazione, avvicendamento. In riferimento ad un titolo/ETF indica il numero delle azioni/quote scambiate, anche in termini di controvalore

     

    U
    UNIT INVESTMENT TRUST
    E’ una struttura utilizzata da alcuni ETF. Questa forma non permette di re-investire immediatamente i dividendi (cosa che invece si può fare con i Fondi Aperti)

     

    V

    VOLATILITA’ DI UN FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO
    Variabilità del rendimento del fondo nel tempo, rappresenta quindi la tendenza dei valori della quota a discostarsi dal valore medio (della quota) nel periodo considerato (giorni/mesi/anni). Quanto più grande è la volatilità di un fondo, tanto maggiore è stata l’oscillazione del valore della quota nel periodo di riferimento . Maggiore è la volatilità di un fondo, più il fondo è rischioso: c’è una probabilità molto elevata che il rendimento effettivo del fondo nel momento in cui si decide di vendere le quote sia diverso da quello atteso